martedì 30 novembre 2021
Deliri prima del caffè
venerdì 26 novembre 2021
Un salto nel multiverso futuro
Nel secolo scorso Haruchika Noguchi, morto meno di cinquant’anni fa, proponeva un modo nuovo e originale di concepire la salute degli esseri umani.
Con una calligrafia tutta sua e molto particolare scriveva poesie e aforismi. Li considero tanto preziosi che, nella mia abitazione e nel dojo in cui pratico, ho appeso delle stampe che li riproducono. Li lascio esposti in bella vista in modo che i miei occhi possano impregnarsi di quegli ideogrammi, già in sé molto evocativi, e per rinfrescarmi la memoria ogni giorno che passa.
Egli scriveva per esempio cose di questo tipo: se vuoi condurre una vita sana “sentiti dentro il vento quando esso soffia e sentiti parte della pioggia quando essa cade” oppure “vivi sempre senza pressione e in una gioiosa leggerezza”.
Quando
Quando l’obiettivo da raggiungere permette alle autorità di esercitare tutto il sadismo che sono capaci di concepire.
Quando il sadismo diventa lecito e camuffato da perbenismo e giustificazioni al limite del grottesco.
lunedì 8 novembre 2021
Difendersi con gli archi e le frecce
giovedì 14 ottobre 2021
Lavoro e nobiltà dell'esistenza
sabato 28 agosto 2021
Quale libertà?
Ho scritto poco fa in un commento che il green pass è solo un’idea sbagliata e ingiusta e come tale bisogna trattarlo.
Un’idea di un mondo che rifiutiamo senza esitazione, un’idea marcia fin dalla nascita.
Mentre scrivevo ho ripensato a una bella storia che ora vi racconto.
Il signor Gu Mei Sheng visse rinchiuso in una celletta di un carcere maoista per molto tempo.
Un carcere maoista: un’”idea” molto ma molto... concreta.
Non so se mi spiego: non i nostri appartamenti confortevoli, non le nostre dimore di vacanza, non le nostre case climatizzate.
Una celletta angusta, fredda e umida, dove passò lunghi mesi in isolamento, non so bene perché - forse perché dissentiva? Si ribellava? Diceva quello che pensava? - fatto sta che senza poter uscire, senza poter vedere la luce del sole, senza poter abbracciare i suoi amati, fu costretto, obbligato, forzato a cercare la libertà altrove.
Per sopravvivere.
Per vivere.
Gu Mei Sheng aveva un compagno fedele, il Taiji Quan ed insieme a lui camminò avanti e indietro, per chilometri e chilometri, sulle sporche mattonelle che lastricavano i pavimenti della sua prigione. Trasformandole in sentieri senza fine e dalle molteplici sorprese.
Pian piano si aprirono ai suoi occhi insospettati paesaggi e, nelle infinite forme che esplorava ora dopo ora in compagnia dell’amico Taiji, si fece luce, prese corpo, crebbe in lui un’altra meravigliosa creatura a cui Gu diede il nome di “Uomo di Ch’i”.
Gu e l’Uomo di Ch’i diventarono grandi insieme, scambiandosi i ruoli e nutrendosi l’un l’altro. In certi momenti l’Uomo di Ch’i usciva dal corpo di Gu e se ne andava in giro da solo; Gu lo poteva seguire con lo sguardo e con lo spirito, poteva godere della sua libertà infinita, apprezzare le sue forme mutevoli e senza confini apparenti.
Arrivò, dopo anni, anche il giorno in cui fu detto a Gu Mei Sheng, al suo fedele compagno Taiji quan e al suo conquistato amante Uomo di Ch’i, che potevano lasciare la loro prigione, potevano ritornare ad essere “liberi” : Gu rispose con un sorriso che la libertà, l’umanità e l’amore li aveva già ritrovati da tempo.
Che nessuno, proprio nessuno, avrebbe mai più potuto privarlo di loro.
giovedì 26 agosto 2021
Ohayō gozaimasu e poi mi siedo
È arrivata la mattina del rientro dopo quasi un mese di pausa.
Ritrovo i tatami del dojo e la sua quiete.
Riprendere l’Aikidō significa sveglia il mattino presto.
Uscire di casa quando le vie sono ancora semi deserte.
E i rumori di una città che ancora dorme sono quasi inesistenti.
L’effetto che mi fa è sempre lo stesso, un effetto immediato:
varco un po' assonnato il portoncino di legno e, una volta in strada,
è come se mi tuffassi nella vita, mi risveglio a me stesso.
Suoni, luci, colori e movimenti cambiano di natura.
Giungere al dojo per primo non è solo girare la chiave di una serratura.
Apro la tenda all’ingresso e nasce spontaneo un inchino verso il vuoto pieno.
Ohayō gozaimasu ! È un buongiorno dal cuore quello che mi sale alle labbra.
Saluto il signor Onizuka, Tsuda, Noguchi, Ueshiba, Sotigui...
i miei cari, i miei maestri, che stanno nei quadri, che girano nell’aria,
che abitano invisibili tra le quattro mura di questi spazi.
A volte ne saluto uno di loro in particolare, a volte li abbraccio tutti insieme.
Con Takashi Onizuka e Sotigui Kouyaté, la sensazione è speciale,
non c’è solo la vicinanza spirituale, ma anche una parte affettiva e una vibrazione fisica:
li ho conosciuti, li ho toccati, abbiamo riso e praticato insieme,
sento il suono della loro voce, c’è qualcosa di caldo e di semplicemente umano che ci lega.
Quando li guardo, riecheggiano in me i momenti indimenticabili passati insieme.
Aprire la porta di un dojo non è un’azione che si fa per se stessi.
È un inizio che si ripete ogni giorno, una preparazione, un’accoglienza.
Entriamo sui tatami con abiti puliti, con i piedi nudi, con il cuore aperto.
Quando il clima è caldo come in questo periodo, non esito ad aprire tutte le finestre:
per far girare l’aria, per creare brezze e correnti, per rinfrescare l’ambiente.
Chi arriverà dopo di me potrà trovare un luogo gradevole e già in movimento.
Poi dispongo il foglio delle presenze all’ingresso, preparo la campana, accendo la candela,
tocco il bokken o il jō che mi accompagneranno di fronte alla calligrafia
e finalmente scendo giù e mi siedo.
Sedersi in terra, per trovare il proprio posto sui tatami.
Sedersi vuoti in uno spazio calmo e pulito.
Sedersi nel silenzio di un silenzio che si protrarrà per minuti infiniti e densi.
Sedersi e sentirsi: sentire la propria schiena, la propria base, le proprie gambe.
Sedersi e respirare dentro e fuori, cogliendo la vita incessante che scorre.
Sedersi e rinnovare, istante per istante, la consapevolezza che la Vita è.
Sedersi e rigenerare, istante per istante, la consapevolezza che il Sé ci respira e ci trascende.
Sedersi e ascoltare i passi di chi giunge e ti raggiunge.
Sedersi in un immobile movimento e gioire per qualcuno che si siede attento al tuo fianco.
Nulla di più bello, nulla di più semplice, nulla di più prezioso!
È la dimensione spirituale, quella sacra e pura, di quel tesoro che è l'Aikidō.
Senza di essa non c’è un dopo, non c’è una prospettiva, non c’è uno sviluppo.
Chi conosce, nel solo sedersi, il piacere di ritrovare la terra e la vita
quando giungerà il momento di alzarsi e di camminare,
quando risuoneranno i dolci rintocchi della campana,
saprà incarnare e comunicare l’entusiasmo dell’incontrarsi e del praticare insieme.
lunedì 16 agosto 2021
L'urlo della Grigna
Qui non è difficile.
Sia alzarsi la mattina, sia praticare, sia trovare un centro.
La montagna ti chiama, gli alberi ti abbracciano, il silenzio ti lava l’anima.
Come poco fa anche altre mattine di questo agosto caldo.
Scendo sul prato e non penso a niente.
Poi le gambe prendono posizione e i piedi sentono la terra.
L’aria fresca ti riempie il viso e i polmoni che è un piacere.
Il cielo con le sue nuvole quiete ti cura gli occhi e ti rigenera la vista.
Qui non è difficile.
Basta respirare e lasciare.
Lasciare tutto, lasciare se stessi, lasciare le forme.
Il movimento sorge da sé, guidato dal desiderio di sentire la vita.
Lo chiamano Aikido, Taiji, Qi qong, Katsugen, rumba guaguanco...
Io qui, sotto la Grigna maestosa, non li chiamo affatto:
la vita che si muove non ha bisogno di nome che la definisca.
Questi movimenti li vivo soltanto, fluttuando da uno all’altro.
In piena libertà, spontaneamente.
Qui non è difficile.
Anche perché sono vecchio ed è bello esser vecchi.
La maturità ti consente di andare all’essenziale velocemente.
Senza filtri, senza perdita di tempo prezioso.
Al di là delle forme, oltre al risultato, dimenticando l’imitazione.
La riuscita importa forse a qualcuno?
La Grigna ride silenziosa delle ansie della gioventù.
La Grigna sorride quando intravedi la permanenza del Sé.
Qui non è difficile.
Perché il nocciolo della vita è semplice.
E la natura non fa che ripeterlo.
Dietro tutta la complessità, dentro, sotto...
Il nucleo è semplice e leggero.
Scorre, fluttua come il vento, ti accarezza come il Ki.
La Grigna te lo urla.
Devi esser proprio sordo per non sentirlo.
Decrescita felice e natura
sabato 24 luglio 2021
Una nuova "normalità"
Non mi riconosco in alcuno dei partiti politici attuali né tantomeno in chi li rappresenta. Non voterò per nessuno di loro. Eppure attribuisco un carattere pienamente politico alla manifestazione alla quale parteciperò tra poche ore.
mercoledì 21 luglio 2021
La complessità splendente
In materia di dialogo, recentemente ho sottolineato quanto ve ne sia il bisogno e quanto invece esso venga a mancare soprattutto in contenitori chiusi e dualisti, deputati allo scontro, dei quali Facebook è un rappresentante senza pari.
Ricordavo allora anche uno degli insegnamenti principali ricevuti da Sotigui Kouyaté che mi ripeteva insistentemente quanto il discutere “per aver ragione” non abbia nessun senso.
“Bene, anche se alla fine avrò avuto ragione, cosa me ne farò della mia ragione?”.
Discutere, secondo lui, aveva un senso solo se ci portava a conoscere meglio l’altro, a comprenderlo.
Queste parole così semplici difficilmente sembrano risuonare in coloro che “non sanno di non sapere”, in coloro che parlano in nome della Verità, nei giustizialisti che sparano a vista sul diverso, sull’eretico, su colui che individuano come il nemico.
Sono però parole facilmente condivisibili da un numero consistente di persone che, per cultura o sensibilità personale, per solidarismo etico o religioso, per capacità di empatia, tendono a preferire l’inclusione del diverso piuttosto che la sua esclusione, a cercare il dialogo piuttosto che lo scontro, a non sentirsi cellule autosufficienti ma parte di un organismo pulsante che per vivere si coordina, si armonizza, respira insieme.
Capacità di ascoltare e di ascoltarsi, apertura intellettuale e sensibile, intelligenza olistica... Ci troviamo in un terreno condivisibile e auspicabile, non è vero? Questo consenso però rimane tale se circoscriviamo l’ambito del dialogo possibile ad un dialogo tra intelligenze umane, mediante logiche e linguaggi “comprensibili”.
La questione si fa più complessa, e il consenso comincia a traballare, se affermiamo che sia possibile un dialogo autentico con un bebè che non parla, con un albero, con il mare o con la natura “tout court”. Dialogando con la natura nelle sue parti visibili e a volte invisibili, ci addentriamo nel misterioso, nel non quantificabile, nel non dimostrabile. Eppure questo dialogo non solo può avvenire ma può avere anche effetti ben concreti. È in questo terreno aperto, nel quale la ragione perde la sua supremazia mentre la sensibilità diventa il linguaggio per eccellenza, che possono nascere poesia, arte, spiritualità e consapevolezza di un ego limitato di fronte ad un Sè che lo trascende.
Insomma, a parte gli ottusi, siamo tutti d’accordo sull’importanza del dialogo e dell’incontro piuttosto dello scontro: lo cerchiamo e raggiungiamo nei nostri quotidiani quando si tratta di incontrarsi con chi parla la nostra “lingua”, facciamo un po’ più di fatica con chi ne parla “una” diversa o non parla affatto, ma ci sembra un discorso proprio assurdo quello di intavolare un dialogo “amoroso” con parti di noi che vediamo come nemiche e pericolose (ci hanno insegnato a considerarle così).
Tiziano Terzani, alla fine di un bel percorso di vita si è detto e ha detto a noi: “Perché dovrei combattere il cancro? Siamo cresciuti insieme!”. Queste parole si sposano molto bene con la mia filosofia.
Per questo mi piace poter dire che i virus non sono miei nemici (ancor meno uno solo di loro), osservare che i batteri sono l’espressione dei miliardi di forme che la vita prende in me e comprendere che le malattie sono il costante e infinito lavoro di riequilibrio del mio terreno vivente: perché combatterli? Il vivente, noi stessi, siamo un terreno di una complessità splendente, insondabile, non misurabile, non comprensibile.
Questa coscienza che si è fatta strada in me, pian piano e negli anni, ha sviluppato il desiderio di dialogo tra me e questo terreno pulsante popolato da infinite creature (dialogo tra il me della mia piccola mente e il me della mia infinita natura). Un dialogo che non porta a spiegazioni razionali ma che conferisce densità, pienezza e nobiltà alla mia vita. Un dialogo che scioglie le paure, in primis quella di morire.
lunedì 24 maggio 2021
Accesso libero
Perché apprezziamo la privacy, perché rispettiamo profondamente tutte le scelte individuali in materia di salute, perché troviamo detestabile l’inarrestabile ascesa di una cultura del controllo sociale.
Verrete a conoscerci senza doverne render conto a nessuno e senza dipendere da alcun lasciapassare di sapore dittatoriale.