martedì 30 novembre 2021

Deliri prima del caffè

 


Volevamo esportare la democrazia nei paesi "arretrati".
E con questo slogan di facciata abbiamo disprezzato e bombardato.
Con buona pace dei nostri antenati ateniesi, dopo qualche secolo, appare tuttavia evidente che della democrazia non conoscevamo la sostanza ma solo il concetto.
Ora il vento sta cambiando e va di moda la tecnocrazia.
Con l'aiuto del G5, del G20, e di fiumi di denaro investito oculatamente dalle grandi famiglie, sembrerebbe meno complesso spalmare su scala globale questo modello aberrante di società del controllo.
Parola chiave, già fin d'ora, non è più libertà ma sicurezza.
Qualcuno però non se ne farà una ragione e continuerà a sperare nell'esistenza di un incivile, insicuro e primitivo villaggio nascosto nel profondo della foresta, tra le montagne, nel deserto o sul fondo del mare. Un villaggio incontaminato dalla tecnologia in cui verranno custoditi, senza che nessuno lo sappia, i semi di un'umanità antica.

venerdì 26 novembre 2021

Un salto nel multiverso futuro


Nel secolo scorso Haruchika Noguchi, morto meno di cinquant’anni fa, proponeva un modo nuovo e originale di concepire la salute degli esseri umani.

Con una calligrafia tutta sua e molto particolare scriveva poesie e aforismi. Li considero tanto preziosi che, nella mia abitazione e nel dojo in cui pratico, ho appeso delle stampe che li riproducono. Li lascio esposti in bella vista in modo che i miei occhi possano impregnarsi di quegli ideogrammi, già in sé molto evocativi, e per rinfrescarmi la memoria ogni giorno che passa.

Egli scriveva per esempio cose di questo tipo: se vuoi condurre una vita sana “sentiti dentro il vento quando esso soffia e sentiti parte della pioggia quando essa cade” oppure “vivi sempre senza pressione e in una gioiosa leggerezza”.

Sorprendentemente, forse per alcuni ma non per me, sosteneva anche che “salute è non occuparsene”.
In sostanza, Noguchi, che non aveva di certo una visione meccanicista dell’essere umano - non lo riteneva perciò una macchina biologica riparabile e modificabile a piacimento - era perfettamente conscio di quanto sia importante l’orientamento della nostra psiche nel mantenimento della nostra salute.

Ciò vale a dire che l’orientamento interiore che adottiamo influenza tutto il nostro organismo e, in vari modi, crea e determina il nostro futuro.

Non vorrei soffermarmi ora sul fatto che una vecchia e superata scienza, ancora ancorata ad una visione materialista, non riconosca la verità di quanto ho appena affermato. Una nuova scienza più aperta allo spirito e ad una conoscenza multiversale - nonché capace di riconoscere l’esistenza di un’anima - non solo lo sostiene bensì si apre e si nutre di una visione più ampia, complessa, interessante della vita e degli organismi viventi (macro e micro, visibili e invisibili) nel loro insieme.
Per inciso, parlare di “nuova” scienza è in sé un modo di dire riduttivo e inappropriato che non può che far sorridere: infatti ad essa sta giungendo - e solo negli ultimi decenni, sebbene esistano illustri precursori - il nostro pensiero occidentale. Il Taoismo e il pensiero cinese antico, tanto per fare un esempio, erano giunti a conoscenze (o non-conoscenze) probabilmente ben più avanzate della nostra già molto prima che Cristo camminasse in terra di Palestina.

Tuttavia, lascerei ora perdere il dibattito su scienza e scientismo (quest’ultimo è un impoverimento della scienza che consiste nel trasformare la sua parte “fissa” in religione) ormai ufficialmente e direi finalmente aperto; non è questo il soggetto di questo mio post.

Ritornerei invece a Haruchika Noguchi e a quando diceva che “gli uomini che credono in un avvenire felice hanno gli occhi che brillano”. Sono parole che non voglio dimenticare e che cerco di far mie nella vita quotidiana.

Anche nei momenti difficili della mia vita personale o in quelli bui e popolati da scenari tenebrosi che sta attraversando la società in cui viviamo, cerco di non perder di vista - e di comunicarlo come posso e dove posso - che siamo noi gli artefici del nostro futuro, noi i seminatori della nostra buona salute, noi i creatori del nostro mondo.

Se la nostra mente è popolata costantemente da visioni apocalittiche - nient’affatto ingiustificate peraltro - finendo per rimanerci invinghiata e se, consapevolmente o inconsapevolmente, ci rinchiudiamo in quei confini asfissianti, finiremo senza dubbio e senza via di salvezza possibile per divenirne schiavi. Non smetto mai di dire che il lockdown peggiore è quello che rischiamo di imporci da soli.

Se, parimenti, la psicosi su scala globale che ci è stata imposta da una politica e da una gestione della società nella migliore delle ipotesi solo miope e ignorante e nella peggiore scientemente dolosa, dovesse continuare ancora a lungo, gli effetti sulle condizioni di salute collettiva non potrebbero che essere drammatici. Su questo, credo siano d’accordo un po’ tutti: psicosi e paura, forse non provocate intenzionalmente ma sicuramente strumentalizzate fino in fondo, non porteranno, negli anni e nei decenni a venire, che ulteriori malattie e sofferenza.

Dobbiamo dunque tirarcene fuori fin da subito, prenderne coscienza e fuggire a gambe levate, disinnescare ciò che le provoca, farlo andare in cortocircuito, sostituirle con altro...

Come dice bene Philippe Guillemant possiamo e dobbiamo oggi sostituire un “fotturo” superato e disumanizzato (ovvero un futuro già fottuto che ci era destinato senza che ne fossimo consapevoli) con un futuro luminoso in fase di creazione e molto più rispettoso del vivente. Il fotturo, infatti, sta forse giocandosi le (ultime?) cartucce che gli sono rimaste e, per cercare di sopravvivere e realizzarsi, combatte aspramente ogni nuova visione possibile.

È una tesi assai ottimistica, quella di Guillemant, che sposo volentieri anch’io. E che ci fa vedere con occhi diversi tutta la pseudo pandemia (che di epidemia seria si sia trattato è fuori di dubbio ma una pandemia è altra cosa).

Forse che, in questa vicenda così tragica per certi versi e così portatrice di cambiamento per altri, il virus non abbia solo un ruolo “negativo” e che ci stia invece dando una mano ad uscire da un vicolo cieco? dice, in sostanza il nostro fisico quantistico francese. Non sarebbe più soltanto il “terribile virus”, nemico numero uno da combattere e sconfiggere a tutti i costi ma un “gentile virus” che sta scombinando tutte le carte in tavola (e anche molti piani qualora ci fossero) e che, nel farci apparire in tutta evidenza quanto orribile possa diventare il fotturo a cui stiamo/stavamo andando rapidamente incontro, in realtà ci costringe ad un risveglio, ci porta a costituire nuove reti esistenziali e a dar corpo a una nuova coscienza. Senza quest’ultima non andremmo da nessuna parte, ne sono profondamente convinto, ma con essa potremo concepire un mondo radicalmente diverso.

Ci vorrà molto tempo? È probabile, così come è probabile che noi ci si trovi attualmente solo nel bel mezzo di una fase di profonda trasformazione dell’umanità di cui per ora siamo in grado di cogliere solo alcuni aspetti. Il tempo, ammesso che esista, ci dirà cosa è giusto.

In fondo, anche Haruchika Noguchi sosteneva che ci sarebbero volute decine di generazioni prima che la cultura Seitai di cui era portatore potesse diventare cultura comune e diffusa.
In quella cultura vita e morte non sono disgiunte e la salute non è vista come sinonimo di assenza di malattia. Ne riparliamo tra qualche anno? O prima, che ne dite?

Quando

 


Quando l’obiettivo da raggiungere permette alle autorità di esercitare tutto il sadismo che sono capaci di concepire.

Quando il sadismo diventa lecito e camuffato da perbenismo e giustificazioni al limite del grottesco.

Quando i fratelli, la comunità in cui si dovrebbe esser “congiunti” godono del sadismo che vedono perpetrare ai loro simili.

Quando riescono a convincersi che si tratti di un godimento necessario e utile alla propria sopravvivenza.

Quando si contorcono, deformano, seppelliscono le proprie convinzioni etiche e comportamentali per riuscire ad avallare ciò che fino a ieri ci sembrava aberrante e che mai avremmo considerato attuabile.

Quando la mente riesce ad accettare tutto ma proprio tutto in nome di una razionalità malata, davvero malata, che sopprime ogni altra voce in noi.

Quando in fondo siamo stanchi di vivere e, infastiditi da fiammelle ancora accese qua e là, le soffochiamo, le calpestiamo con gli stivali lucidi, le uccidiamo con un sorriso spento sulle labbra.

Quando la Vita non è più maestra, regina, dea ma solo disturbante nemica da sacrificare sull’altare dello Scopo.

Quando ti svegli nel cuore della notte e, essendo queste le prime parole che affiorano al tuo conscio, amaramente, non puoi fare a meno di scriverle.

lunedì 8 novembre 2021

Difendersi con gli archi e le frecce


Apro la pagina bianca sul mio computer.
Per me scrivere comincia da qui, da una pagina bianca.
Anche se poi scelgo di pubblicare ciò che scrivo su Facebook o in altri contenitori chiusi e dal format prestabilito, per scrivere, per trovare ciò che ho da dire, ho bisogno di uno spazio vuoto, senza scritte intorno, senza pubblicità, senza input di varia natura. Senza tutto il corollario invasivo e condizionante che troviamo per esempio ogni volta che cerchiamo di leggere qualcosa sul cellulare, che si tratti di articoli di giornale, di pubblicazioni su social o simili.
Svuotare la tazza perché si possa accogliere il thé fresco.
Scrivere e pensare cominciano dentro di me, nascono e si sviluppano in un percorso personale ed emotivo che riguarda solo la mia anima e il rapporto che intrattengo con essa, eventualmente poi diventano anche comunicazione verso altri, solo però se ne intravedo il senso e se ciò nasce da una spinta spontanea che peraltro continuo a ritenere il nocciolo di ogni comunicazione autentica.
Scrivere e pensare - oppure pensare e scrivere, in un ordine ribaltato dagli effetti assai diversi - sono espressioni di un’attività che realizza una parte di me. Pensando e scrivendo, mi collego al mio centro e creo il mio mondo (permettetemi un petit clin d’oeil a Julio Cortázar). Sono nato, siamo nati, per esser creatori. Non lo dimentico, vorrei che non lo dimenticassimo.
A molti di noi - troppi secondo il mio sentire - comunque sia, a molti tra i miei amici virtuali va bene, considerano giusto se non addirittura necessario che un’autorità, una qualsiasi figura, persona o entità altra e in qualche modo superiore possa sostituirsi a noi in azioni, scelte di comportamento, o perfino in decisioni fondamentali come il tipo di vita da condurre o cosa facciamo o non facciamo in tema di salute.
"Tu puoi lavorare, tu non puoi lavorare", "Tu puoi uscire e andare, tu non puoi uscire e andare", "Tu puoi amare, tu non puoi amare", "Tu devi curarti e devi farlo così e così..." Ecc.
Questi amici, in troppi appunto, scelgono di avallare, utilizzare e sostenere il pass sanitario, per esempio, approvano - accidenti! - senza molto fiatare che esso venga imposto a tutti, anche a chi è contrario, e si arrabbiano molto quando viene messa in dubbio la loro scelta consapevole, ragionata, di partecipazione ecc. ecc. Io credo di capirli, almeno in parte, come capisco come chiunque in buona fede cerca di difendere le proprie scelte e ciò di cui è convinto. Però...
Però proprio non accetto e non credo potrò mai accettare un modello di vita e di società che vuole espropriarmi della mia capacità di decidere, di assumere delle responsabilità personali, di condurre la vita secondo i valori e il sentire che appartiene a me solo. Faccio parte di coloro che ritengono che l’adottare e l’avallare a livello collettivo l’esistenza del pass sanitario sia un passo pericoloso che, diminuendo drasticamente la libertà individuale, ci porterà diritto verso quel modello, con tutte le varianti transumane e tecnologiche del caso.
Se la mia preoccupazione sia infondata o esagerata lo dirà il tempo - non di certo i media, questo lo sappiamo - intanto però esercito, finché mi sarà consentito, il diritto di non voler percorrere un sentiero tracciato verso un futuro in cui non mi riconosco affatto.
Nonché mi tengo stretto, difendo con gli archi e le frecce - come gli indigeni "primitivi" della foresta che si battevano con ogni forza contro l'arrivo del "progresso" tecnologico e civilizzato - il diritto e il piacere di creare oggi, nel mio ventre, un futuro personale e collettivo basato su valori, sensibilità e comportamenti diversi, molto diversi, da quelli che a forza vorrebbero farci inghiottire.