lunedì 21 febbraio 2022

La Decisione



È un ricordo, una consapevolezza, che risale all’infanzia e quindi nemmeno all’adolescenza o all’età adulta.
I miei genitori, che mi hanno voluto davvero bene, mi hanno sempre incitato e spinto a decidere.
Ovvero ad assumermi la responsabilità e il piacere della decisione personale e autonoma.
Invitandomi, aiutandomi e perfino costringendomi a decidere hanno agito negli anni - ma cominciando da subito! - affinché potessi avere le capacità, le forze e gli strumenti perché ciò potesse realizzarsi, allora come oggi.
Ne andava della mia autonomia, presente e futura, della mia libertà come bambino e come futuro adulto, della mia formazione di uomo capace di realizzarsi come persona indipendente e rispettosa in un contesto di vita collettivo.
Come bambino, sono quindi cresciuto decidendo su come volevo organizzare la mia stanza, sulle attività che desideravo svolgere, sugli studi che volevo seguire, su che strumento musicale suonare o su che musica ascoltare, su come spendere i quattro soldi che mi trovavo in tasca, su che amici frequentare, su cosa volevo mangiare.
Decidevo io di che persone innamorarmi e a chi volevo credere: nella Vita, in Dio, nella Natura?
Decidevo se leggere Salgari, Verne, Stevenson o Scott.
Decidevo come impiegare il mio tempo nella giornata: a cosa giocare, quanto giocare, con chi giocare?
Il tutto all’interno di limiti naturali e sociali che trasformano la decisione anche nella capacità di accontentarsi, di fermarsi, di privarsi senza soffrirne affatto perché ero stato messo in grado di comprenderne la ragione.
Decidevo, semplicemente decidevo, con la consapevolezza già matura che rinunciare alla mia capacità decisionale (al mio potere) e al mio dovere di esercitarla (dovere verso me stesso e verso gli altri) sarebbe stato quasi come dare le dimissioni dalla vita stessa.
Gli anni che sono trascorsi dall’infanzia a oggi sono stati solo una continuazione di tutto ciò. Senza brusche interruzioni, senza spaccature e scissioni, continuo ad essere il bambino che ero nell’uomo maturo che sono. Come allora continuo a decidere, cioè continuo a scegliere la mia vita piuttosto che subirla.
Cammin facendo, tra gli alti e bassi di ogni comune esistenza, ho comunque affinato i miei strumenti e maturato le mie consapevolezze. Ormai da tempo sono conscio che non c’è decisione possibile senza terreno che la sostenga.
Non ci è dato di decidere se il nostro corpo non ha la forza, l’equilibrio, la tensione vitale per sostenerci in tale azione.
Non ci è dato di decidere se l’entusiasmo ci abbandona.
Non ci è dato di decidere se non avvertiamo la gravità implicita (e sacra) in ogni atto della nostra esistenza.
Per questo ho scelto l’attività che svolgo con passione tutti i giorni, il lavoro che offro e mi offro, l’impegno che mi sono assunto.
Che si riassumono anche nelle parole: l’essere umano nobilita la propria esistenza quando è in grado di decidere come vivere e come morire. Basta trovare le chiavi e gli strumenti per poterlo fare: non è questo, in fondo, il lavoro che siamo tutti chiamati a compiere?
Da quando ho diciassette anni ho anche imparato a decidere in prima persona come curarmi (o non-curarmi) e come assumermi la responsabilità del mio corpo e della mia salute.
Per qualcuno potrebbe forse esser difficile comprendere o apprezzare questo concetto ma tutta la mia capacità di indipendenza nasce da quella decisione.
È altrettanto difficile per me spiegarlo, comunicarlo con le parole.
Tuttavia, posso solo dirvi che per me oggi è assolutamente impossibile accettare che chiunque altro possa sindacare, stabilire, impormi qualcosa rispetto al mio corpo e alla mia salute.
Per questo so, e non ho dubbio alcuno, che nessuno sceglierà mai per me o al mio posto rispetto a questi temi: se ciò dovesse avvenire sarà attraverso la violenza e la costrizione fisica.
Contro le quali, ovviamente, la mia ribellione è e sarà totale.
Questa convinzione viene da molto molto lontano e non ha nulla a che vedere con l’ideologia.
Nasce piuttosto da una decisione, presa da piccolo e attorniato dall’amore di chi mi circondava, creatasi e maturata nel ventre più che nella mente: una decisione che nutre la mia forza, mi fa sentire intero, in pace con me stesso e con la vita che mi anima.
Essa mi permette di vivere l’oggi con pieno piacere e di sperare in un domani della nostra società che sia rispettoso dell’autonomia, della diversità vista come ricchezza e di una libertà individuale che non può, non deve esser vissuta come minaccia ma come l'unico vero seme di una fertile e sana vita collettiva.

giovedì 3 febbraio 2022

Limiti inutili



Forse non ci siamo capiti, purtroppo credo però sia così.
Allora vogliamo ribadire il concetto, con forza e convinzione.
Non è una questione di “limitato” o “illimitato”, noi il pass non lo vogliamo proprio: di nessun tipo e di nessuna natura.
Né sanitario, né comportamentale, né etnico, né sociale né... né... né...
Ogni pass è limitato e becero di per sé, ogni pass è discriminante, ogni pass è violento.
Non lo volevamo quando intuivamo con orrore che qualche mente malata lo stava concependo, non lo volevamo quando è stato applicato senza nessuna giustificazione o utilità sanitaria, non lo volevamo quando avevamo capito che avrebbe spaccato in due la nostra società dividendoci tra “buoni” e “cattivi” sulla base di criteri che definire discutibili è troppo poco.
Non lo vogliamo, ora, perché diventi un sempre più raffinato e tecnologico sistema di controllo sociale, di controllo delle nostre azioni, delle nostre scelte, della nostra vita privata.
Non lo vogliamo, anche perché riteniamo avvilente che la nostra esistenza sia ridotta a numeri, a codici, a schede tecniche che determinino se possiamo viverla in un modo o in un altro.
Non lo vorremo mai, in futuro, per non ripetere tragici errori di cui la storia è piena e che, senza alcuna consapevolezza, senza trarre insegnamenti dal passato, sembriamo come piccoli umani portati a ripetere.
Non lo vorremo mai perché sogniamo, crediamo, sosteniamo un’idea di mondo e di società nei quali la libertà individuale si sposi con il benessere collettivo, nei quali la realizzazione dell’individuo - nella sua unicità indivisibile - possa avvenire senza doversi conformare a uno stampino preconfezionato uguale per tutti e senza dover sottostare ad un numero imprecisato, non criticabile, imposto dall’alto, di regole, se non a quelle davvero necessarie per un’equilibrata esistenza collettiva.
Vogliamo assumerci le nostre responsabilità ed esprimerle.
Vogliamo poter decidere come vivere, come agire, come muoverci.
Vogliamo decidere su come curarci, come educarci, come amarci.
Vogliamo semplicemente vivere.
In pace e fratellanza, in armonia con la natura, nel rispetto del vivente.
E senza alcun lasciapassare.

mercoledì 2 febbraio 2022

Bargioioso


 

Noi non ce ne rendiamo conto.
Ma stiamo creando il mondo che verrà.
Proprio adesso, sì,
in questo istante in cui io scrivo e voi leggete,
in spirito già vive la forma di domani.
Il domani, a dire il vero, non esiste proprio,
è solo una proiezione, forse necessaria ma affatto inesistente.
Avete vissuto anche una sola volta nel domani?
Domani è ora.
Chi mi conosce sa che coltivo i sogni,
che i sogni sono il seme che nutre il mio terreno,
che il terreno offre i frutti che abbiamo seminato.
Dona con generosità sorprendente,
senza calcoli, senza interesse, libero di generare.
Chi distingue tra realtà e sogno
a mio avviso commette un grande errore,
taglia via i rami che daranno i frutti,
li toglie prima che questi possano riempirsi di boccioli.
Ogni distinzione, ogni separazione
cancella un pezzetto di verità.
La elimina dall'orizzonte o almeno così potrebbe sembrare.
In realtà una mente potata e uno spirito scisso,
sono solo un riflesso parziale
del nostro io frammentato.
Anche nostro malgrado la vita crea e si crea.
Anche se non fluiamo con lei essa scorre.
Anche se non ne siamo consapevoli
la vita è una, intera, potente.
Prima e dopo di noi,
da sempre e per sempre.