domenica 24 maggio 2015

Il mio Cammino di Santiago (7)

 
23 ottobre

È mattina e stiamo attendendo che la sig.ra Mercedes Lopez ci apra la porta dell’Iglesia del Santo Sepulcro (sec.XII) che da fuori, con le sue finestrelle in marmo bianco e sottile, richiama Eunate. La Cruz dos Caballeros del Santo Sepulcro è posta proprio sopra l’ingresso. Come Eunate anche questa di Los Arcos è una chiesa romanica e ottogonale (pare che ce ne siano solo due in Spagna…). C’è un bellissimo crocifisso in legno, in cui il Cristo tiene le braccia aperte e non incrocia i piedi. Porta una corona e non le spine sul capo, è sereno e occupa una posizione centrale dietro l’altare. In alto ci sono solo due altre immagini e sono due teste. Quella di destra è la testa del diavolo, a sinistra invece sta una testa di leone con in bocca una preda. Tutto sommato ad Eunate il senso del sacro e del misterioso era più forte.

ƒm

Comincia la Meseta? Finalmente!
Orizzonti ampi, vento e sole…
Chissà che caldo fa qui in estate!
Ora è un vero piacere camminare, lasciarsi scaldare dal sole e poi sedersi sotto a un alberello e riposarsi godendo dell’ombra, dell’aria e del silenzio.
In questo tratto sono solo, Stéph è rimasta un po’ indietro e ha fatto amicizia con un giovane del Quebec. Bene! Probabilmente stasera ci rivedremo ancora, mangeremo insieme, ci abbracceremo e da domani mattina comincerà un nuovo cammino. Da solo percorrerò distanze più lunghe. Non è arrivare che sento importante ma è oggi il mio corpo che mi chiede di più. Le gambe e la testa mi dicono in tutti i modi che 20 km sono troppo pochi per una tappa…

Un accenno al bar di Viana, il bar più rumoroso che abbia mai conosciuto nella mia esistenza! Sono le 14.15 e mi segno l’ora perché credo che si tratti un’ora di punta prima di un rapido svuotamento per la siesta. La sala e piena e una cinquantina di persone parlano tutte contemporaneamente così forte che è impossibile sentire il suono dei due televisori che stanno trasmettendo a volume normale. Faccio un rutto forte per via della birra e il mio vicino nemmeno se ne accorge. Tutto è bellissimo e le tapas sono deliziose. Ma è dura per il bebè nella carrozzina... Ad un certo momento la sala si svuota ad una velocità impressionante e le persone scompaiono dileguandosi come nel nulla. Il rumore sembra ridiventare normale eppure è ancora frastuono… Spagna…




24 ottobre

“R. sai molto bene
che quello che ho amato in te
non sei tu.
Verso di Lui tutto è aperto.
Per quanto ti riguarda
provo solo stanchezza e saturazione”.


ƒm

A Viana, sulla strada davanti alla porta dell’albergue, un ragazzino portoghese di 11 anni, Carlos Alberto, mi si avvicina e mi chiede “Tienes una bici por mi?”. Gli spiego che cammino e che non ho bici ma lui insiste: “Tienes una bici por mi?”. Me lo chiede una decina di volte. Non capisce che non parlo lo spagnolo. Gli dico che ho due bici, la gamba sinistra e la gamba destra. Lui ride e poi mi chiede ancora se ho una bici da dargli. Quando si allontana si gira verso di me e mi saluta sorridendo. Lo incontro ancora un’ora dopo, ha in mano una racchetta da tennis e una palla ricevute da un signore. È tutto contento e quando mi vede mi chiede: “Hai una bici per me?”. Ho pensato alla bici che mi hanno rubato a Milano proprio prima di partire…



                                      Che cieli e che colori! Di cosa devo preoccuparmi?

25 ottobre

Azofra

Dopo la lunga notte a Navarrete, con hospitaleros italiani, ecco un’altra tappa in pianura camminando molto veloce dietro ad un giovane tedesco. È stato un cammino silenzioso, senza scambiarsi neanche una parola per un’ora e mezza, senza conoscersi, guardandosi ogni tanto.
Seguivo quel giovane ragazzo biondo dai lineamenti un po’ duri che sembrava spinto da una foga particolare e che correva contro il tempo. Ha solo pochi giorni e deve arrivare a tutti i costi, una specie di sfida, una lotta improba. Io ho invece un tempo quasi illimitato ma mi piace mettermi alla prova per un giorno e stare dietro a questo nordico fascio di nervi. Le mie gambe me lo permettono e tengo il passo senza fatica. Siamo continuamente alla ricerca di piccole conferme significative come questa. E dire che negli ultimi giorni ero un po’ raffreddato e stanco, con il morale un po’ basso e accompagnato da pensieri tristi... Dormire molto mi ha fatto bene.
Un gruppo di molti paesi diversi si ritrova regolarmente ogni sera alla fine della tappa. C’è Angel un giovane molto dolce di Murcia, molti ragazzi del Quebec che si sono incontrati strada facendo, qualche francese che attacca facilmente discorso e non smette più, qualche tedesco taciturno e solitario e degli spagnoli a volte un po’ scontrosi. I Quebequois sono tutti piuttosto semplici e con un carattere gentile e aperto. Amano fare gruppo, ridere e mangiare insieme. Condivido la cena con Maxime e Catherine: lui ama la cucina e fa il cuoco, lei è medico e sogna di avere dei bambini molto presto. Non lo dice apertamente ma lo si intuisce apertamente. In questo albergue comunale di Azofra l’atmosfera è un po’ asettica e freddina senza il calore che hanno invece altri rifugi più piccoli. Ma le stanze, che sono quasi piccole cellette, hanno ciascuna solo due letti, il che non è male per le coppie che possono – finalmente – fare l’amore. Io devo accontentarmi di scrivere a C.
A Najera sono passato velocemente, vedendo ben poco. Il monastero era chiuso per lavori in corso. La chiesa, pur non essendo particolarmente bella era molto silenziosa e mi ci sono fermato un po’ da solo. Ne avevo bisogno in questo momento che definirei di vuoto e in cui qualcosa sembra prepararsi. Cammino da tre settimane e sento che qualcosa di nuovo sta per succedere.
  

  



26 ottobre

Grañon

“Put what you can and take what you need”, metti quello che puoi e prendi quello di cui hai bisogno… belle queste parole scritte sulla scatola all’ingresso dell’accoglientissimo Hospital de peregrinos de Grañon. Ma prima di giungervi bisogna cercare un po’… Già, infatti l’arrivo in questo rifugio è insolito e discreto. Una piccola insegna sul cammino indica che l’albergue si trova sulla sinistra, poi più nulla. A fatica si individua una piccola porta di legno con un’altra piccola insegna scolorita: “Hospital de peregrinos”. Poi un’altra porta… chiusa… e delle scale che salgono. Saliranno sul campanile della chiesa? Non c’è altra indicazione e non rimane che salire. Poi con piacevole sorpresa si giunge in un ampio salone caldo e accogliente. Ci si sente i benvenuti! E invitati ad installarci confortevolmente e come ci aggrada. È un luogo reso piacevole dalla sensazione di presenza e di attenzione che lo caratterizzano. Un’attenzione silenziosa ai particolari. Nessuno può capire meglio di un pellegrino che ha camminato per un giorno intero senza sapere quale sarà il suo approdo quanto sia piacevole sentirsi accolto e atteso al suo arrivo. Basta pochissimo per renderlo felice e per rendergli gradevoli le poche ore di sosta che lo aspettano. Un hospitalero sorridente, un luogo pulito e sereno, una buona zuppa calda…
Essere qui fa davvero piacere e se non fosse perché non ci si può fermare per più di una notte nello stesso rifugio… Dormiremo per terra su una specie di tatami di gomma piuma. Il pavimento è un assito di un bel legno scuro e liscio. Potrò sedermi in seiza, meditare e fare il movimento… Che sollievo! Pensavo proprio oggi che mi mancava il fatto di non potermi sedere in terra, la sera quando si è stanchi dopo la lunga giornata. Grazie!

Ora sono nella chiesa molto quieta e scrivo. Una madonna che tiene un piccolo Gesù sorridente che saluta con la mano destra sono al mio fianco. Stanno lì tranquilli e ci facciamo compagnia. 
Ripenso ad un episodio significativo di oggi. Camminavo su un lungo sentiero diritto in mezzo ai campi in piena solitudine. Di fronte a me un bivio senza indicazioni e senza l’abituale freccia gialla. Proprio in mezzo al sentiero un piccolo cane se ne stava immobile tenendo lo sguardo fisso nella direzione opposta a quella verso cui camminavo, cioè dietro alle mie spalle. Gli ho comunicato il mio dubbio a voce alta: “Buongiorno cane, verso dove si dirige il cammino?”. La sua risposta così chiara mi ha sorpreso non poco… Ha voltato la testa – solo la testa e una sola volta – all’indietro indicandomi quale strada scegliere, poi ha continuato a guardare fisso nella direzione di prima. Non ho esitato a seguire la sua indicazione che, non serve nemmeno dirlo, era giusta e provvidenziale. In un cammino come questo incontri di questo genere diventano quasi la normalità quotidiana e finiscono per stupirci solo in parte. Ci accorgiamo che dovunque siamo attorniati da guide, presenze e persone amiche. Basta aprire gli occhi, basta chiedere… È solo perché siamo più aperti e fiduciosi? È solo perché i nostri sensi sono più svegli e vigili? È solo perché la nostra coscienza è più sgombra e pronta ad accogliere messaggi, segni e indicazioni che la natura, gli animali e le persone ci inviano?

Due parole ancora per salutare l’Hospital di Grañon. Ricordo l’incredibile luogo dove si stendono i panni appena lavati… si trova sopra le volte della chiesa. Si cammina facendosi leggeri sul pavimento inarcato e sentendo sotto di sé un grande vuoto… strana sensazione.
La cena della sera è stata preparata da Ben, un giovane hospitalero del New Mexico. L’ho aiutato molto volentieri a pulire e lavare, dopo, era qualcosa di naturale, mi sentivo a casa mia. Abbiamo parlato di politica e religione… non smetteva più di scusarsi e di esprimere la sua vergogna per la recentissima rielezione di George Bush alla presidenza degli Stati Uniti. Poi la sera, dopo cena, siamo stati insieme ad una preghiera comune – oracion – con un prete giovane e deciso. Ci partecipano solo quelli che lo desiderano e ogni sera vengono letti i nomi dei pellegrini che sono passati a Grañon nei 25 giorni precedenti per accompagnarli nel loro cammino verso Santiago. Questa cosa mi è piaciuta e vi ho partecipato volentieri.


                                         Nella valle sotto a Grañon, la mattina presto. Lì finirò per perdermi…

venerdì 1 maggio 2015

Il mio Cammino di Santiago (6)


… a Puente de la Reina

Qui, all’altezza del lungo ponte che da il nome alla cittadina finiscono per congiungersi tutti i cammini che portano a Santiago. Un vero punto di incontro – e di passaggio?
La cittadina è curiosa e si costruisce sulla strada con tre vie “centrali” parallele senza vie trasversali che le colleghino tra di loro. C’è un negozio, tienda ,per ogni bene necessario e nulla più. Le tiendas stanno dietro porte e portoni normali e spesso sono senza insegne.
Devo dire che finora gli abitanti dei villaggi e delle città che ho incontrato sono quasi sempre molto gentili e affabili. Per strada si vedono anziani vitali e molti bambini piccoli. Dopo le ore della siesta la gente popola le strade e riempie i bar. Una certa semplicità e un ritmo di vita “umano” sembrano ancora avere il diritto di esistere da queste parti.
Ho trascorso l’intera giornata con Stéphanie e stasera mangeremo ancora insieme. Spero che incontreremo altre persone che allarghino il nostro mini gruppo di due persone e che  evitino l’insorgere di situazioni un po’ più delicate tra di noi e anche più difficili da gestire.
Con questa ragazza mi sento papà e mi sembra di essere con Chama. Hanno quasi la stessa età, gli stessi bisogni, gli stessi desideri.
Nella notte, giungo le mani pensando a Rita Rollier, ora in cielo. Ne ho avuto notizia al telefono. In questi momenti di silenzio notturno, quando le mani si uniscono il ki scorre forte e non di rado mi vengono i brividi.

La mia realtà sta cambiando. Quello che c’era prima del Cammino mi sembra lontano. L’animo è  più tranquillo e la fronte riposata. Il corpo sta lavorando bene e mi chiedo come sarà tra un mese. Impossibile dirlo oggi, non posso nemmeno immaginarlo…





22 ottobre

Questo mare di umanità nel dormitorio di Estella…
E i respiri e il russare…
E io che non dormo più
Perché ascolto
questa vita che si riposa
e che si muove
rumorosamente nel sonno.
E il giovane carpentiere tedesco
di ventidue anni
che si gira e si rigira nel letto a castello
e parla di lavoro nel sonno.
È proprio accanto a me
e con i palmi delle mani che vanno di qua e di là
mi tocca proprio come farebbe un bebè.
Mi alzo e scendo a scrivere,
in una stanza illuminata da tante piccole lucine
che sembrano candele.
C’è una gran pace ora,
il mondo dorme,
ogni persona a modo suo…
È bello esser desti con una penna in mano e il cervello fresco.
Che importanza se sono le tre?
Preferisco la veglia.

ƒm

Nella stanza e nella stessa notte faccio qualche movimento della Pratica respiratoria dell’Aikido.
Che immenso piacere sentire la spinta delle gambe e delle anche durante il movimento avanti-indietro del Funakogi undo. Raramente negli ultimi anni ho avuto una sensazione di forza e centratura così netta. Sento con gioia di aver ritrovato qualcosa che temevo di aver perduto per sempre.
Tuttavia, so anche che la fragilità della schiena è dietro l’angolo e che devo fare sempre attenzione a non bloccarmi.

ƒm

Estella la bella.
La cattedrale è magnifica.
Per giungervi si deve salire su un’infinita scalinata che ti porta su, sempre più su.
I bambini contano i gradini a voce alta.
Una volta entrati si ha la strana sensazione di essere in altura, su un piano rialzato. Forse perché i livelli dei pavimenti sono diversi.
C’è tutta la Spagna lì dentro, cattolica e pittoresca.
Ombre e luci, donne che cantano e ascoltano la messa, pochissimi uomini – quasi non ne ricordo – poi bambini e tanto movimento di persone.
L’atmosfera è popolare e si è circondati da molte rappresentazioni di santi e vergini di legno, bene in vista nell’abside tonda dietro all’altare.
Gli oggetti disparati danno vita a un insieme ibrido, come ha notato Stéphanie.
Lei è stata lì all’inizio della messa, io alla fine e così non ci siamo incrociati.

Le vie di Estella, come sempre qui in Spagna, si popolano verso la fine del pomeriggio e sono molto gaie. Finalmente c’è una vera piazza dove tanti bambini giocano e gridano come una volta. Chiamo C. da una cabina della piazza e tutto intorno la vita è festosa. Anche le parole che ci scambiamo sono semplici e gioiose perché abbiamo tanta voglia di sentirci. Lei ha fatto un sogno erotico in cui c’ero io. I bar sono pieni di gente e di uomini. Nelle pastelerie, pasticcerie amate da tutti noi pellegrini, ci stanno soprattutto donne e piccoli. Cammino a zonzo per po’, guardandomi attorno rilassato.

ƒm

È mattina e vado deciso verso l’ufficio postale. Ho deciso di spedire a casa i tre chili e mezzo in eccesso nel mio zaino che sono stanco di portarmi dietro. Che liberazione – meglio tardi che mai ! – e che sollievo per le mie spalle e le ginocchia. Finalmente comincio a liberarmi un po’ del troppo… Tengo però il cuore di pietra che continuo, ogni volta che posso, a levigare, pulire, purificare.

ƒm

Nel pomeriggio giungo a Los Arcos, una cittadina di poco interesse con una grande chiesa in cui l’eccesso barocco e la ridondanza di ori e magnificenze sono pienamente rappresentati. La chiesa non mi piace e mi soffermo solo per una rapida visita.
Ora siedo su una panchina in mezzo a una piazza popolata da bambini e mamme. Le voci e la loro animazione mi svegliano un po’. È un pomeriggio segnato dalla stanchezza e anche le prospettive non sono delle migliori. L’albergue dove mi sono fermato non mi piace e vi si respira un’aria ospedaliera. Alzo gli occhi e vedo che sul campanile proprio di fronte c’è un grande nido di cicogna. Non è cosa insolita qui in Navarra, infatti una cicogna l’ho intravista anche a Puente de la Reina. I loro nidi hanno dimensioni impressionanti e sono abilmente costruiti.
Oggi il cammino è stato bello e sotto un sole caldo. Ho attraversato un paesaggio finalmente silenzioso e lontano dai lavori stradali. A tratti il sentiero si snocciolava a perdita di vista davanti a noi, incredibilmente dritto. Questo mi ha permesso di camminare ad occhi chiusi o semichiusi per lunghi momenti. Lo zaino con tre chili e mezzo in meno è molto più leggero e alla mia portata. I polpacci fanno un po’ male, soprattutto nella notte.



                                Il cammino e la natura infinita invitano al silenzio.


ƒm

E se mi limitassi a chiedere
e ad ascoltare?
A rispondere quando mi viene chiesto
e nulla più…
Invece di parlare di me,
di dire
“Io questo, io quello
Anch’io ho visto, anch’io ho fatto…”
Taci, taci, taci.
È adesso l’occasione di farlo.


ƒm

Stéphanie ha un tendine dolorante e rallento il mio ritmo per camminare con lei e raccontarle storie che possono avere un rapporto con il suo viaggio e arricchirne il senso.