La pratica Zensei è la pratica della Vita Integrale. Essa si propone di offrire a ciascuno gli
strumenti e le chiavi che consentano di condurre un’esistenza piena e soddisfacente, nel
rispetto dell’integrità individuale, delle sensibilità diverse e dell’autonomia personale.
Il Dojo è il luogo sereno e tranquillo che accoglie le pratiche del Non-Fare. Queste pratiche, in
sé, non tendono ad alcuno scopo né all’ottenimento di qualsiasi risultato, non poggiano su una
conoscenza pregressa né trasformano la vita e le sue manifestazioni in tecnica insegnabile o
trasmissibile.
Ad Akeleinaa dojo, lo spirito Zensei si esprime attraverso quattro pratiche, diverse per origine
e forma, ma unite da un Ki (spirito vitale) che le attraversa tutte e le armonizza: il Katsugen
Undo (movimento rigeneratore), l’Aikido (unione attraverso il respiro), lo Zazen (meditazione
zen) e il Gioco del Dipingere (espressione della traccia naturale).
Queste pratiche, ognuna attraverso le proprie specificità, conferiscono valore e nobiltà ad un
atto spontaneo che non è dettato dalla ragione ma che sorge incondizionato come risposta
dell’organismo ad un bisogno interiore inconscio. Esse risvegliano dunque la vitalità, la
sensibilità e la creatività di ogni persona invitando all’ascolto della Vita che scorre in noi e ci
anima.
In un Dojo Zensei, guide, maestri e mediatori non sono perciò necessari, soprattutto se
favoriscono un fraintendimento controproducente e dannoso: che sia cioè buona cosa seguire
qualcuno che ci indichi il sentiero su cui procedere. Come diceva Jiddu Krishnamurti non
esiste un sentiero che porti alla verità mentre Itsuo Tsuda, con altre parole, esprimeva lo
stesso pensiero: la Via non è un’autostrada verso il paradiso. Il risveglio autentico,
l’autonomia e la libertà personale - e tutta la gioia che ne consegue - possono solo essere il
frutto di un cammino individuale, a volte anche difficile e tortuoso, orientato verso il dentro,
verso il centro del nostro essere.
Se intraprendere o meno questo cammino è una decisione personale. Nessuno può suscitare
in noi il desiderio di muoverci e di effettuare il primo passo né quelli successivi. Un’altra
persona, ben disposta nei nostri confronti, potrà forse soffiare sulle braci affinché il fuoco non
si spenga del tutto ma la responsabilità, il merito, la fierezza e la gioia piena per aver
(ri)scoperto che la Luce è dentro ognuno di noi saranno assolutamente nostri, solo nostri.
Non siamo soli in questo mondo, a meno che non ci si sia ritirati in qualche caverna lontana e
irraggiungibile. Per le persone come me che hanno deciso di passare, almeno per il momento,
la propria esistenza in una grande città dai ritmi spesso innaturali, dai rumori frastornanti e
da consuetudini di vita collettiva faticose da sostenere, è gradevole sapere che esiste un Dojo,
luogo dove il tempo si ferma o perlomeno rallenta, dove posso ritrovare e rispettare la parte
più vera di me stesso. E soprattutto oggi, in cui le forme di condizionamento e di alienazione
collettiva diventano sempre più subdole, insidiose e invadenti sono davvero grato a questi
spazi vuoti e semplici che ci proteggono e consentono di esprimere l’intimità e la verità di
ciascuno. Non più rinchiusi, soli e non-comunicanti fra le quattro mura dei nostri
appartamenti, persi di fronte ad un grande o piccolo schermo. Ma uniti dal piacere di sentirsi
insieme, di farsi Yuki, di toccare con mano il movimento che esprime la vibrazione del vivente.
Un Dojo non è spazio virtuale né immaginario, è terreno in cui può nascere, crescere e
rigenerarsi la Vita. Officina di fiducia e di speranza, crogiuolo di respiro libero, esso è uno
spazio interiore ma anche fisico che nessuno potrà mai togliermi. Per questo voglio
continuare a tenerlo aperto e a proporlo a chi mi circonda, a chi si avvicina, a chi ne è attirato.
Un dojo autentico è un’isola preziosa in cui la bio-diversità continuerà ad aver diritto di
esistere e di replicarsi. Coltiviamolo senza colonizzarlo, questo è il mio sogno.