lunedì 2 marzo 2015

Il mio Cammino di Santiago (I)

 
Il mio Cammino di Santiago
infiniti passi necessari
( ottobre-novembre 2004 )



Testi e fotografie
di Giovanni Frova



Premessa

Mi è capitato, poco tempo fa, di riprendere in mano i due piccoli quadernetti, uno blu e uno rosso, in cui durante i 45 giorni del mio cammino, avevo annotato il mio vissuto e i miei incontri di questo straordinario periodo che sempre rimarrà impresso nella mia memoria.
Certo, non ero riuscito a scrivere di ogni impressione o emozione vissuta ma… nemmeno ne avevo l’intenzione! Volevo soltanto lasciare qualche traccia scritta di questo mio percorso interiore e di questi passi sulle terre di Francia e di Spagna, qualcosa che un giorno lontano forse mi farà piacere rileggere e ricordare. E così, tra le mille cose dimenticate, o non raccontate, ne rimarrà almeno qualcuna che forse il tempo non cancellerà o che cancellerà solo più tardi. Qualcuna che mi farebbe anche piacere condividere con amici, persone vicine e, perché no, con i compagni di cammino, peregrinos, passati, presenti o futuri. Ho deciso allora di dedicare un po’ di tempo alla trascrizione in formato elettronico degli scritti di allora e, anche questa volta, come spesso accade per le trascrizioni fatte a distanza di tempo, il lavoro è stato piuttosto lungo e ha richiesto pazienza e riflessione.
Oggi, sei anni dopo, mi riconosco nella sostanza di quello che ho scritto e sono sempre lo stesso Giovanni di allora (che sente peraltro ciclicamente risalire in sé il desiderio di rilanciarsi nuovamente in una simile avventura). Se però dovessi riscrivere daccapo tutto quanto userei parole diverse, il che vale a dire che se dovessi intraprendere il cammino ora avrei nuovi slanci, nuovi stimoli, nuovi bisogni e anche nuove figure di riferimento, in terra come in cielo… Sono cambiato e sono cresciuto, come è normale e giusto che sia, forse sono diventato un uomo più maturo, chissà…
Detto questo, non esito nemmeno un istante a individuare nel Cammino di Santiago uno dei momenti fondamentali della mia crescita in quanto uomo. Un passaggio necessario, a lungo atteso e finalmente compiuto. Ecco perché, pur non riconoscendomi ora in tutto quello che scrissi allora, o rileggendolo con occhi diversi, ho deciso di trascriverlo pari pari per non alterarne la forma e la qualità. Questo testo non ha perciò alcuna pretesa letteraria - se mai avesse potuto averne – ma nella disparità di stili di scrittura, di ritmo, di intenti, riflette bene gli umori alterni, gli stati d’animo e gli entusiasmi di una persona che come me aveva deciso di affrontare un’esperienza di questa portata con un sincero desiderio di apertura e di scoperta. Tuttavia, nella mancanza di una struttura unitaria e nelle forme troppo diverse sta anche la parte debole dello scritto ma voglio lasciare al lettore il giudizio se sia effettivamente così. Per quanto mi riguarda, so che un filo sotterraneo collega e da un senso a tutte queste pagine scritte: non voglio però fare ora un lavoro a posteriori per renderlo più manifesto ed esplicito ma lascio a chi legge, se lo desidera, il compito di individuarlo. 
Con un cuore vuoto e poche idee in testa ho affidato ai miei piedi il compito di portarmi lontano, un po’ oltre rispetto ai limiti dell’orizzonte conosciuto fino ad allora. Ci sono riusciti, senza nemmeno eccessivi sforzi, e sono loro grato almeno quanto sono orgoglioso di me stesso per aver portato a termine questo viaggio in cui le difficoltà da superare non sono certo mancate. Ancora oggi provo un senso di fierezza.
Sì, fierezza è forse un termine più appropriato di orgoglio: il cammino è stato il mio primo passo verso la riconquista di una fierezza inopinatamente perduta nei mesi e negli anni che lo avevano preceduto. Ecco perché quando in seguito mi è capitato di dover presentare il mio curriculum vitae non ho potuto evitare di segnare in bella evidenza: 2004, Cammino di Santiago!
Ho deciso di intraprendere il cammino solo due settimane prima della partenza, sapendo di esso poco o niente: la mia preparazione sotto tutti i punti di vista era certamente scarsa e insufficiente… 
Ma era il momento giusto!
Per questo so che è assolutamente impossibile consigliare a qualcuno, ad un amico o ad una persona cara, di intraprenderlo. Per qualche viaggio o spedizione lo si potrebbe forse fare - anche se nutro qualche dubbio in proposito - ma non per questo particolare tipo di cammino. Bisogna aspettare che il bisogno interiore si manifesti in tutta la sua chiarezza e, a partire da quel momento, scompare ogni dubbio.
Quale bisogno? Quello che nasce e germina in ciascuno di noi e che noi soli, senza nessun aiuto o suggestione esterna, possiamo sentire.
Pazienza, prima o poi il momento buono arriva per tutti, a condizione che lo si desideri fortemente. A noi sta la libera decisione di coglierlo e assaporarlo oppure di non rispondere all’invito.
Io, in quei giorni, avevo davvero bisogno di ritrovare i miei piedi e di ridare fiducia alla loro saggezza. Mi sono affidato a loro affinché mi portassero a destinazione!
Per ore e ore li ho osservati, un passo dopo l’altro.
Avanzavano con sempre maggiore sicurezza e man mano che ciò avveniva cresceva in me un profondo senso di calma e di serenità semplice. Ancora oggi è così e quando le energie non scorrono, i pensieri mi opprimono oppure ho l’impressione di perdere il mio centro, allora cammino e in quei passi ritrovo il suono e il sapore di quegli altri infiniti passi e l’eco lontana di un’Altra infinita Presenza…

Kyoto, 22 agosto 2010 






 3 ottobre

Ecco, sono semplicemente qui, al punto di partenza.
La croce di Mas d’Azil, forte e di legno, che guarda il villaggio dall’alto.
La croce che è caduta quando la mamma è morta, nel settembre 1984, e che poco dopo è stata rimessa al suo posto.
La croce che per tutto quest’anno mi ha accompagnato e sostenuto.
Che mi ha invitato a mettermi in piedi e a starci.
Stare dritto sulle mie gambe.
È l’obiettivo di questo mio viaggio verso Santiago di Compostela di cui questa croce è il simbolo, la causa e il fine.
Signore, Padre nostro, Dio che sei nei cieli e nella terra, che sei in ogni essere vivente e in ogni cosa, che sei luce e che sei amore, Signore io ti prego.
Ti prego di accompagnarmi fino a Santiago e di sostenermi nei momenti di debolezza che si presenteranno.
Ti prego di mantenermi in un cammino semplice e retto, di darmi un ritmo secondo natura, di portare la quiete nel mio cuore.
Fai che sia davvero aperto, il mio cuore, e che i miei occhi vedano.
Che l’Altro possa penetrarmi e che io sappia accoglierlo senza ostacolarlo.
Che qualcosa possa veramente cambiare in me e che le lacrime bagnino le mie guance e riscaldino il mio cuore.
Signore, ti prego ancor di più di accompagnare le persone che amo e che non possono fisicamente partire con me. Sii con loro e ascolta le loro preghiere silenziose o pronunciate. Scalda i loro cuori nei momenti di sconforto e assistile.
Domani mattina presto caricherò lo zaino sulle spalle, prenderò il mio bastone di bambù e mi incamminerò in un sentiero sconosciuto. Finalmente il salto nel vuoto e un po’ di rischio nella mia vita.
Gratitudine immensa per chi mi consente oggi di partire.




 4 ottobre

Prime impressioni!
Alle 5.45 mi sveglio e sveglio C. perché possa andare all’Aikido.
Poi mi riaddormento fino alle 7.30.
Fuori è ancora buio.
J. mi chiama cinque minuti prima della mia partenza per augurarmi “Bonne marche!”.
Mi dice anche che oggi è il giorno di San Francesco di Assisi e che è un buon giorno per mettersi in cammino…
Lascio la casa di Mas d’Azil solo dopo aver colto qualche fiore nel giardino.
Faccio i miei saluti, chiudo a chiave la porta e…
Sono partito!
Lo zaino pesa troppo, lo sento da subito. Mi pongo seriamente la domanda se riuscirò a fare 1000 km con questo peso. Andando lento lento, forse. Comunque sia, non ho fretta… Devo anche abituarmi un po’ e rinforzare i muscoli dorsali.
Due cani abbaiano al mio passaggio qualche casa più in là. Li trovo proprio subito sul mio cammino, i cani, e sembrano piuttosto cattivi! Passo davanti a loro senza badarci troppo e si quietano.
Poi la grotta a piedi.
Mi sembra di passarci per la prima volta.
Vedo l’acqua limpida, giù in basso, all’ingresso, poi entro nell’oscurità silenziosa.
Peccato che ci siano le luci artificiali ad illuminare la strada. Sono comunque tenui.
La grotta mi appare oggi in tutta un’altra luce. È maestosa e antica, con spazi immensi che si aprono man mano che si avanza nel cammino. Mi fermo nel mezzo e nel silenzio recito due volte, a voce alta, il Padre Nostro. Lo recito in francese, nella versione che mi ha dato J.. La seconda volta ha davvero una risonanza. Poi vado verso la luce intensa che si intravede all’uscita della grotta.
Doveva cominciare così il mio viaggio: con un tuffo nell’oscurità e una prima rinascita. Come Jonas con la balena. Poi, prima di sedermi sul sasso piatto dove sono ora - poco prima di La Plagne - incontro un martin pescatore che mi passa davanti come un siluro e vedo una zucca dalle dimensioni immense.
E ora, in cammino!

ƒ

Arriva la prima sera… ed è già arrivata anche la prima crisi.
Ho assaporato le prime difficoltà oggi.
La strada e il sentiero non finivano più e lo zaino è terribilmente pesante!
Ora sono seduto in un gradevole ristorante di St. Girons, in attesa di un Couscous Royal, le cose vanno un po’ meglio ma insomma… sarà dura!
Tanti momenti diversi in questa lunga giornata…
Davanti a La Plagne ho raccolto delle noci pensando a C. e subito dopo, incredibilmente, i zelantissimi gendarmes di Mas d’Azil si sono fermati con la loro camionette proprio di fronte a me e sono scesi per chiedermi “les papiers d’identité”…
Era lo stesso gendarme con cui quest’estate avevo parlato a lungo per via di un furto che c’era stato nel Foyer rural del paese eppure… non mi ha riconosciuto!
Come se solo pochi passi e un vestiario diverso avessero fatto di me un altro uomo.
Poi, la mia voce deve avergli risvegliato la memoria e abbiamo finito per parlare a lungo di quattro giovani che erano stati individuati come i colpevoli. La situazione era grottesca a dir poco e loro non riuscivano a capire che ero partito per un lungo viaggio.
Continuando…
A un certo punto l’airone è passato sopra la mia testa ed è stato il segno che C. era con me.
Che belli i sentieri, prima pianeggianti e poi man mano sempre più in pendenza. Le prime salite… Paesaggi incantevoli e un sole splendente e caldo.
Tante cose da mangiare, per strada: castagne, noci, mele, more, funghi…
Le more davvero mi hanno sorpreso. Ero nel pieno della salita e in un momento di fatica: ecco che un ramo pieno di more mature e giganti è piovuto dal cielo proprio nel mezzo del sentiero. Non rimaneva che cogliere e assaporare i dolci frutti. Ho pensato che il buon dio provvedeva ai miei bisogni e ho lasciato una parte delle more per chi, dopo di me, sarebbe passato. Lui o lei?
Due georgiani mi hanno dato un passaggio in auto per qualche km. L’ho accettato volentieri. Uno guidava e restava in silenzio. L’altro parlava allegramente delle bellissime ragazze della Georgia: “Le russe poi… sono le più belle in assoluto!”.
Dopo un po’ di strada ancora a piedi sono giunto a Saint Lizier e mi sono diretto subito alla cattedrale. Quando sono entrato vi regnava un gran silenzio e un’atmosfera di concentrazione. Ho pregato a voce alta e sinceramente. Questo è un luogo sacro che amo molto. Qui, solo in questa chiesa accogliente e semplice, mi sono sentito all’inizio di un lungo cammino. Il Cristo grandissimo nell’abside centrale ha una carica umana straordinaria e commovente. E i santi-amanti affrescati al suo fianco esprimono davvero cosa sia l’unione. Un luogo unico!
La sera ancora autostop per venire qui a mangiare. Si è fermata per darmi un passaggio una signora non più giovanissima ma con un lato misterioso e una grande dolcezza. Abbiamo parlato del mio viaggio e lei alla fine, sorridendo, mi ha detto: “Je crois que votre voyage sera beni…”. Merci, questa benedizione mi ha dato coraggio in un momento di sconforto.

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