23 ottobre
È mattina e stiamo attendendo che la
sig.ra Mercedes Lopez ci apra la porta dell’Iglesia del Santo Sepulcro
(sec.XII) che da fuori, con le sue finestrelle in marmo bianco e sottile,
richiama Eunate. La Cruz dos Caballeros del Santo Sepulcro è posta proprio
sopra l’ingresso. Come Eunate anche questa di Los Arcos è una chiesa romanica e
ottogonale (pare che ce ne siano solo due in Spagna…). C’è un bellissimo
crocifisso in legno, in cui il Cristo tiene le braccia aperte e non incrocia i
piedi. Porta una corona e non le spine sul capo, è sereno e occupa una
posizione centrale dietro l’altare. In alto ci sono solo due altre immagini e
sono due teste. Quella di destra è la testa del diavolo, a sinistra invece sta
una testa di leone con in bocca una preda. Tutto sommato ad Eunate il senso del
sacro e del misterioso era più forte.
m
Comincia la Meseta? Finalmente!
Orizzonti ampi, vento e sole…
Chissà che caldo fa qui in estate!
Ora è un vero piacere camminare,
lasciarsi scaldare dal sole e poi sedersi sotto a un alberello e riposarsi
godendo dell’ombra, dell’aria e del silenzio.
In questo tratto sono solo, Stéph è
rimasta un po’ indietro e ha fatto amicizia con un giovane del Quebec. Bene!
Probabilmente stasera ci rivedremo ancora, mangeremo insieme, ci abbracceremo e
da domani mattina comincerà un nuovo cammino. Da solo percorrerò distanze più
lunghe. Non è arrivare che sento importante ma è oggi il mio corpo che mi
chiede di più. Le gambe e la testa mi dicono in tutti i modi che 20 km sono
troppo pochi per una tappa…
Un accenno al bar di Viana, il bar
più rumoroso che abbia mai conosciuto nella mia esistenza! Sono le 14.15 e mi
segno l’ora perché credo che si tratti un’ora di punta prima di un rapido
svuotamento per la siesta.
La sala e piena e una cinquantina di persone parlano tutte contemporaneamente
così forte che è impossibile sentire il suono dei due televisori che stanno
trasmettendo a volume normale. Faccio un rutto forte per via della birra e il
mio vicino nemmeno se ne accorge. Tutto è bellissimo e le tapas sono deliziose. Ma è dura per il
bebè nella carrozzina... Ad un certo momento la sala si svuota ad una velocità
impressionante e le persone scompaiono dileguandosi come nel nulla. Il rumore
sembra ridiventare normale eppure è ancora frastuono… Spagna…
24 ottobre
“R. sai molto bene
che quello che ho amato in te
non sei tu.
Verso di Lui tutto è aperto.
Per quanto ti riguarda
provo solo stanchezza e
saturazione”.
m
A Viana, sulla strada davanti alla
porta dell’albergue, un ragazzino portoghese di 11 anni, Carlos Alberto, mi si
avvicina e mi chiede “Tienes una bici por mi?”. Gli spiego che cammino e che non
ho bici ma lui insiste: “Tienes una bici por mi?”. Me lo chiede una decina di volte.
Non capisce che non parlo lo spagnolo. Gli dico che ho due bici, la gamba
sinistra e la gamba destra. Lui ride e poi mi chiede ancora se ho una bici da
dargli. Quando si allontana si gira verso di me e mi saluta sorridendo. Lo
incontro ancora un’ora dopo, ha in mano una racchetta da tennis e una palla
ricevute da un signore. È tutto contento e quando mi vede mi chiede: “Hai una
bici per me?”. Ho pensato alla bici che mi hanno rubato a Milano proprio prima
di partire…
Che cieli e che colori! Di cosa devo
preoccuparmi?
25 ottobre
Azofra
Dopo la lunga notte a Navarrete, con
hospitaleros italiani, ecco un’altra tappa in pianura camminando molto veloce
dietro ad un giovane tedesco. È stato un cammino silenzioso, senza scambiarsi
neanche una parola per un’ora e mezza, senza conoscersi, guardandosi ogni
tanto.
Seguivo quel giovane ragazzo biondo
dai lineamenti un po’ duri che sembrava spinto da una foga particolare e che
correva contro il tempo. Ha solo pochi giorni e deve arrivare a tutti i costi,
una specie di sfida, una lotta improba. Io ho invece un tempo quasi illimitato
ma mi piace mettermi alla prova per un giorno e stare dietro a questo nordico
fascio di nervi. Le mie gambe me lo permettono e tengo il passo senza fatica.
Siamo continuamente alla ricerca di piccole conferme significative come questa.
E dire che negli ultimi giorni ero un po’ raffreddato e stanco, con il morale
un po’ basso e accompagnato da pensieri tristi... Dormire molto mi ha fatto
bene.
Un gruppo di molti paesi diversi si
ritrova regolarmente ogni sera alla fine della tappa. C’è Angel un giovane
molto dolce di Murcia, molti ragazzi del Quebec che si sono incontrati strada
facendo, qualche francese che attacca facilmente discorso e non smette più,
qualche tedesco taciturno e solitario e degli spagnoli a volte un po’
scontrosi. I Quebequois sono tutti piuttosto semplici e con un carattere
gentile e aperto. Amano fare gruppo, ridere e mangiare insieme. Condivido la
cena con Maxime e Catherine: lui ama la cucina e fa il cuoco, lei è medico e
sogna di avere dei bambini molto presto. Non lo dice apertamente ma lo si
intuisce apertamente. In questo albergue comunale di Azofra l’atmosfera è un po’ asettica e
freddina senza il calore che hanno invece altri rifugi più piccoli. Ma le
stanze, che sono quasi piccole cellette, hanno ciascuna solo due letti, il che
non è male per le coppie che possono – finalmente – fare l’amore. Io devo
accontentarmi di scrivere a C.
A Najera sono passato velocemente,
vedendo ben poco. Il monastero era chiuso per lavori in corso. La chiesa, pur
non essendo particolarmente bella era molto silenziosa e mi ci sono fermato un
po’ da solo. Ne avevo bisogno in questo momento che definirei di vuoto e in cui
qualcosa sembra prepararsi. Cammino da tre settimane e sento che qualcosa di
nuovo sta per succedere.
26 ottobre
Grañon
“Put what you can and take what
you need”, metti
quello che puoi e prendi quello di cui hai bisogno… belle queste parole scritte
sulla scatola all’ingresso dell’accoglientissimo Hospital de peregrinos de
Grañon. Ma prima di giungervi bisogna cercare un po’… Già, infatti l’arrivo in
questo rifugio è insolito e discreto. Una piccola insegna sul cammino indica
che l’albergue si trova sulla sinistra, poi più nulla. A fatica si individua
una piccola porta di legno con un’altra piccola insegna scolorita: “Hospital de
peregrinos”. Poi un’altra porta… chiusa… e delle scale che salgono. Saliranno
sul campanile della chiesa? Non c’è altra indicazione e non rimane che salire.
Poi con piacevole sorpresa si giunge in un ampio salone caldo e accogliente. Ci
si sente i benvenuti! E invitati ad installarci confortevolmente e come ci
aggrada. È un luogo reso piacevole dalla sensazione di presenza e di attenzione
che lo caratterizzano. Un’attenzione silenziosa ai particolari. Nessuno può capire
meglio di un pellegrino che ha camminato per un giorno intero senza sapere
quale sarà il suo approdo quanto sia piacevole sentirsi accolto e atteso al suo
arrivo. Basta pochissimo per renderlo felice e per rendergli gradevoli le poche
ore di sosta che lo aspettano. Un hospitalero sorridente, un luogo pulito e
sereno, una buona zuppa calda…
Essere qui fa davvero piacere e se
non fosse perché non ci si può fermare per più di una notte nello stesso
rifugio… Dormiremo per terra su una specie di tatami di gomma piuma. Il
pavimento è un assito di un bel legno scuro e liscio. Potrò sedermi in seiza, meditare e fare il movimento… Che
sollievo! Pensavo proprio oggi che mi mancava il fatto di non potermi sedere in
terra, la sera quando si è stanchi dopo la lunga giornata. Grazie!
Ora sono nella chiesa molto quieta e
scrivo. Una madonna che tiene un piccolo Gesù sorridente che saluta con la mano
destra sono al mio fianco. Stanno lì tranquilli e ci facciamo compagnia.
Ripenso ad un episodio significativo
di oggi. Camminavo su un lungo sentiero diritto in mezzo ai campi in piena
solitudine. Di fronte a me un bivio senza indicazioni e senza l’abituale
freccia gialla. Proprio in mezzo al sentiero un piccolo cane se ne stava
immobile tenendo lo sguardo fisso nella direzione opposta a quella verso cui
camminavo, cioè dietro alle mie spalle. Gli ho comunicato il mio dubbio a voce
alta: “Buongiorno cane, verso dove si dirige il cammino?”. La sua risposta così
chiara mi ha sorpreso non poco… Ha voltato la testa – solo la testa e una sola
volta – all’indietro indicandomi quale strada scegliere, poi ha continuato a
guardare fisso nella direzione di prima. Non ho esitato a seguire la sua
indicazione che, non serve nemmeno dirlo, era giusta e provvidenziale. In un
cammino come questo incontri di questo genere diventano quasi la normalità
quotidiana e finiscono per stupirci solo in parte. Ci accorgiamo che dovunque
siamo attorniati da guide, presenze e persone amiche. Basta aprire gli occhi,
basta chiedere… È solo perché siamo più aperti e fiduciosi? È solo perché i
nostri sensi sono più svegli e vigili? È solo perché la nostra coscienza è più
sgombra e pronta ad accogliere messaggi, segni e indicazioni che la natura, gli
animali e le persone ci inviano?
Due parole ancora per salutare
l’Hospital di Grañon. Ricordo l’incredibile luogo dove si stendono i panni
appena lavati… si trova sopra le volte della chiesa. Si cammina facendosi
leggeri sul pavimento inarcato e sentendo sotto di sé un grande vuoto… strana
sensazione.
La cena della sera è stata preparata
da Ben, un giovane hospitalero
del New Mexico. L’ho aiutato molto volentieri a pulire e lavare, dopo, era
qualcosa di naturale, mi sentivo a casa mia. Abbiamo parlato di politica e
religione… non smetteva più di scusarsi e di esprimere la sua vergogna per la
recentissima rielezione di George Bush alla presidenza degli Stati Uniti. Poi
la sera, dopo cena, siamo stati insieme ad una preghiera comune – oracion – con un prete giovane e deciso. Ci
partecipano solo quelli che lo desiderano e ogni sera vengono letti i nomi dei
pellegrini che sono passati a Grañon nei 25 giorni precedenti per accompagnarli
nel loro cammino verso Santiago. Questa cosa mi è piaciuta e vi ho partecipato
volentieri.
Nella valle sotto a Grañon, la mattina
presto. Lì finirò per perdermi…
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