sabato 24 luglio 2021

Una nuova "normalità"



Non mi riconosco in alcuno dei partiti politici attuali né tantomeno in chi li rappresenta. Non voterò per nessuno di loro. Eppure attribuisco un carattere pienamente politico alla manifestazione alla quale parteciperò tra poche ore.

Vorrei partecipare, oggi e in futuro, ad un’altra politica e ad un altra gestione/visione della vita collettiva. Una visione nella quale ciò che si auspica non è solo un ritorno a ciò che era prima, alla “normalità” che conoscevamo.
Quale normalità, poi? Quella della diseguaglianza sociale ed economica, quella dei paesi ricchi che proliferano sullo sfruttamento di quelli poveri o quella dei molteplici inquinamenti che disintegrano il pianeta?
Oppure alla “normalità” di una società del “divertimento”, dove divertimento - da consumare ad alti dosaggi - diventa sinonimo di de-responsabilizzazione, disimpegno e vacanza?
Ci ubriacano di divertimenti per farci sopportare lo squallore di un sistema di vita che francamente non regge più.
Allora cambiamolo questo sistema e creiamone uno nuovo, con nuovi valori, nuovi parametri, nuove reti di comunicazione: abbiamo la forza per farlo se ne siamo convinti!
Il divertimento collettivo: ci minacciano di togliercelo, niente più feste, balli, spettacoli, attività ludiche in luoghi pubblici. Quello televisivo e mediatico, no quello no - non sia mai! - il rimbecillimento beota, quello che “vende” e si consuma in solitudine davanti agli schermi, non verrà mai sospeso, anzi lo si incentiverà sempre di più.
Siamo di fronte ad un vigliacco ricatto che colpisce soprattutto i giovani: fai quello che ti dico oppure ti privo di ciò che ti ho fatto credere essere l’unica ragione di vita ovvero la possibilità di divertirsi. Ai giovani non si parla di lavoro che realizza la persona, d’impegno creativo, di una possibile decrescita felice, di rispetto per la vita in tutte le sue forme come valore fondante.
E, soprattutto, non si parla di piacere... sì di piacere.
Perché il divertimento è lo zuccherino proposto mentre il piacere rimane il tabù di questa società del consumo. Il piacere che è risveglio, ribellione e vita: è pericoloso perché sfugge al controllo.
Quando danzo o ballo, da solo o con decine di altre persone “non mi diverto” - non mi dimentico, non mi annullo, non mi perdo - ma trovo un piacere immenso nella presenza, nella condivisione e nell’ascolto dell’altro con cui mi unisco.
Ma se li tengano i loro contenitori/gabbie di lavoro inumano e stressante! Se li tengano i loro contenitori di divertimento ubriacante: veramente vogliamo tornarci dentro?
Io mi batto, con i pochi mezzi che ho, perché si possano creare luoghi di lavoro, di vita condivisa e di incontro tra viventi nei quali il piacere, l’impegno, l’autonomia e la consapevolezza possano andare di pari passo.
Cosa c’entra tutto questo con la pandemia e con le manifestazioni di oggi? Vedete un po’ voi.
Stiamo galoppando verso una catastrofe imminente dal punto di vista climatico, verso una correlata catastrofe economica di scala planetaria e verso il tempo della “singularity” nel quale la crescita tecnologica sarà tale che l’essere umano non sarà più in grado di controllare le macchine a cui incautamente avrà conferito tutto il potere.
Le epoche di crisi profonda a cui andiamo incontro saranno gestite dalla tecnologia o dalla coscienza umana (un umano che sa ascoltare la natura nelle sue molteplici espressioni)? Questa è la domanda che possiamo porci, questa è la domanda che mi accompagna in strada oggi. Sento che il tempo di agire sia ora e non sono affatto sicuro che esisterà un domani nei termini che abbiamo sempre concepito.
Inventiamoci una nuova “normalità”, senza tornare indietro, o non avremo purtroppo scampo.

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