lunedì 8 novembre 2021

Difendersi con gli archi e le frecce


Apro la pagina bianca sul mio computer.
Per me scrivere comincia da qui, da una pagina bianca.
Anche se poi scelgo di pubblicare ciò che scrivo su Facebook o in altri contenitori chiusi e dal format prestabilito, per scrivere, per trovare ciò che ho da dire, ho bisogno di uno spazio vuoto, senza scritte intorno, senza pubblicità, senza input di varia natura. Senza tutto il corollario invasivo e condizionante che troviamo per esempio ogni volta che cerchiamo di leggere qualcosa sul cellulare, che si tratti di articoli di giornale, di pubblicazioni su social o simili.
Svuotare la tazza perché si possa accogliere il thé fresco.
Scrivere e pensare cominciano dentro di me, nascono e si sviluppano in un percorso personale ed emotivo che riguarda solo la mia anima e il rapporto che intrattengo con essa, eventualmente poi diventano anche comunicazione verso altri, solo però se ne intravedo il senso e se ciò nasce da una spinta spontanea che peraltro continuo a ritenere il nocciolo di ogni comunicazione autentica.
Scrivere e pensare - oppure pensare e scrivere, in un ordine ribaltato dagli effetti assai diversi - sono espressioni di un’attività che realizza una parte di me. Pensando e scrivendo, mi collego al mio centro e creo il mio mondo (permettetemi un petit clin d’oeil a Julio Cortázar). Sono nato, siamo nati, per esser creatori. Non lo dimentico, vorrei che non lo dimenticassimo.
A molti di noi - troppi secondo il mio sentire - comunque sia, a molti tra i miei amici virtuali va bene, considerano giusto se non addirittura necessario che un’autorità, una qualsiasi figura, persona o entità altra e in qualche modo superiore possa sostituirsi a noi in azioni, scelte di comportamento, o perfino in decisioni fondamentali come il tipo di vita da condurre o cosa facciamo o non facciamo in tema di salute.
"Tu puoi lavorare, tu non puoi lavorare", "Tu puoi uscire e andare, tu non puoi uscire e andare", "Tu puoi amare, tu non puoi amare", "Tu devi curarti e devi farlo così e così..." Ecc.
Questi amici, in troppi appunto, scelgono di avallare, utilizzare e sostenere il pass sanitario, per esempio, approvano - accidenti! - senza molto fiatare che esso venga imposto a tutti, anche a chi è contrario, e si arrabbiano molto quando viene messa in dubbio la loro scelta consapevole, ragionata, di partecipazione ecc. ecc. Io credo di capirli, almeno in parte, come capisco come chiunque in buona fede cerca di difendere le proprie scelte e ciò di cui è convinto. Però...
Però proprio non accetto e non credo potrò mai accettare un modello di vita e di società che vuole espropriarmi della mia capacità di decidere, di assumere delle responsabilità personali, di condurre la vita secondo i valori e il sentire che appartiene a me solo. Faccio parte di coloro che ritengono che l’adottare e l’avallare a livello collettivo l’esistenza del pass sanitario sia un passo pericoloso che, diminuendo drasticamente la libertà individuale, ci porterà diritto verso quel modello, con tutte le varianti transumane e tecnologiche del caso.
Se la mia preoccupazione sia infondata o esagerata lo dirà il tempo - non di certo i media, questo lo sappiamo - intanto però esercito, finché mi sarà consentito, il diritto di non voler percorrere un sentiero tracciato verso un futuro in cui non mi riconosco affatto.
Nonché mi tengo stretto, difendo con gli archi e le frecce - come gli indigeni "primitivi" della foresta che si battevano con ogni forza contro l'arrivo del "progresso" tecnologico e civilizzato - il diritto e il piacere di creare oggi, nel mio ventre, un futuro personale e collettivo basato su valori, sensibilità e comportamenti diversi, molto diversi, da quelli che a forza vorrebbero farci inghiottire.

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