giovedì 25 marzo 2021

Il mio cammino di Santiago (10)

 

(continuazione e fine...)

5 novembre 2004

Hospital de Orbigo

Ripenso ad alcune chiese viste in questi giorni che voglio ricordare.

La chiesa di S. Juan de Ortega raggiunta dopo una lunga camminata nel vento in mezzo alle colline che un’epoca erano popolate da briganti e predatori. Si appostavano nelle foreste scure che costeggiano la strada bianca: ogni luogo si presta all’agguato e ci si sente visti senza poter vedere. Nella chiesetta le luci sono chiare e c’è molto silenzio. C’è una cripta immersa nel buio più profondo in cui c’è la pietra tombale del santo. C’è solo una piccola candela accesa, si scende dagli scalini e man mano che gli occhi cominciano a cogliere qualcosa si intravede una grande croce sul muro. L’atmosfera incute un certo senso di timore.

C’è poi la Iglesia de Santa Maria la Blanca di Sirga in cui si trova un’incantevole e potente Vergine. Ci sono dei cavalieri templari scavati nella roccia e un sereno San Michele anch’esso di pietra.

Della cattedrale di Léon ricordo le altissime e stupefacenti vetrate: quanti colori, quante luci, quante forme!

Sembra proprio che un cammino come questo sia il terreno più adatto perché paradossi e contrasti possano esprimersi in tutta la loro evidenza. Essi vivono in noi, in me prima di tutti, e li considero con attenzione. Gli idealismi fanno i conti con la realtà, l’euforia e lo sconforto trovano sempre momenti per esprimersi, il calore umano e le solitudini abitano entrambi in noi, la sensazione della forza fisica non cancella i dolori che ci prendono dappertutto.

Riscopro la pulizia semplice e riconosco la sporcizia d’accumulo. Ascolto e prepotenza, dolcezza ricettiva ed egocentrismo arrogante. Ahi, che sentiero contorto è la vita, che animali complessi siamo! Vorremmo che questo cammino non finisse mai e non vediamo l’ora di arrivare in fondo, tutto in noi è cambiato e tutto è come prima, sentiamo l’amore immenso e non possiamo nascondere la nostra limitata grettezza. Sacro e profano danzano insieme. Ricerca e mancanza di rigore. Maturità e adolescenza. Guardiamo avanti e torniamo indietro. Troviamo il nostro ritmo e ne cerchiamo un altro che non ci appartiene. Presenza e assenza si alternano. Lasciamo spazio e parola ai nostri compagni oppure li copriamo con la nostra piccolezza. Sono un uomo intero o un esibizionista? Mi accorgo di quante cose inutili si dicono, si fanno e si pensano.

Qualcuno mi attende più avanti. 
Chi è?
E se fosse già qui?

Un raffreddore potente mi accompagna da qualche giorno.
L’occhio destro non smette di lacrimare fatica.
Ieri camminavo stentando mentre oggi le gambe erano forti ed andavo avanti ad occhi chiusi sotto il sole caldo.


6 novembre


Ho sempre amato i simboli e soprattutto gli oggetti-simbolo.
Davanti alla sua porta di casa, sulla strada, una vecchina ha lasciato delle zucche a seccare.

Sono quelle che i francesi chiamano coloquintes. Sono per i pellegrini che passano. Ne ho presa una. È per J. Devo farla asciugare. Non sapendo dove metterla l’ho portata nella camicia. Incinto di una piccola zucca tonda.

Oggi, poco prima di Astorga, la freccia gialla indicava verso l’alto e mi ha invitato a guardare su e poi a salire!
Un Sicomoro!


                                     Il Sicomoro! Salgo per vedere lontano...


Di fatto non proprio in albero ma una piccola torretta squadrata di cemento con una scaletta di ferro su cui inerpicarsi. Non ci ho pensato due volte. Da lassù si può vedere tutta la vallata con la città di Astorga e la sua cattedrale. C’era un gran sole e ho fotografato la mia ombra che saliva sulla scala fino in cima. Ricordo quello che diceva Jean-Yves Leloup sul sicomoro come simbolo della Pratica e del desiderio come molla necessaria che ti da lo slancio per intraprenderla. Ma quella era la storia di Zaccheo mentre nel mio caso forse dovrò intraprendere la pratica della scrittura visto che stamattina ha cominciato a prender forma in me l’idea di un libro su questo cammino. Un libro con personaggi reali dai nomi biblici o latini.

Dopo aver lasciato la cittadina di Astorga e il palazzo episcopale disegnato e progettato da Gaudì ora mi trovo in campagna in un albergue tranquillo, seduto su una panchina di pietra, in attesa di un tramonto che si annuncia bellissimo. Non ho visitato il palazzo di Gaudì: ero stanco e non sono un turista. Altra cosa è entrare nelle chiese in cerca di raccoglimento e riposo.

L’altro ieri nell’albergue freddo e inumano di Léon - un luogo davvero inospitale - Rebecca Maddalena mi ha fatto un massaggio tanto gradevole da farmi assopire. Le sue mani scorrevano leggerissime sul mio corpo mentre io progressivamente lasciavo la presa e mi abbandonavo a loro. Erano come lunghe carezze di una piuma e la sensazione era quella di una brezza leggera. Esistono molti modi di fare un massaggio e questo non lo conoscevo ancora. Grazie Rebecca, ne avevo bisogno! Nella notte ho pensato che avrei potuto ricambiare con yuki ma non era possibile in quel momento e ormai sono due giorni che ci siamo persi di vista...

Devo parlare almeno un po’ del diavolo svizzero...
C’è anche lui, il diavolo, in questo cammino e prende le sembianze di un signore di circa sessant’anni dai lineamenti duri e dallo sguardo sfuggente.
Lo incontro spesso da diversi giorni.
Mai che lo veda camminare.
La mattina fa finta di partire insieme agli altri, poi “scompare” per poi riapparire molti
chilometri dopo, verso sera. Trasuda soldi da tutti i pori.
Di giorno questo distinto signore svizzero viaggia in taxi, di sera offre da bere alle
giovani ragazze nei bar e beve lui stesso tantissimo whisky, di notte dorme in hotel di lusso.
È “Il Corruttore” in persona... Credo che sia qui tra noi con un ruolo preciso. Io l’ho riconosciuto e lui lo sa. Non lo
giudico moralmente ma lo evito con attenzione e un po’ lo temo.

Anche per domani è previsto un sole splendente come quello di oggi. Salirò alla Cruz de Fierro per portarvi la pietra a forma di pesce che mi accompagna dai Pirenei e la zucca svuotata. Ho almeno quattro importanti preghiere da fare. Mi siederò lì e pregherò in silenzio.

Esiste forse una Guida? 
Sono guidato da qualcuno? 

Per chi e da chi?


7 novembre

Manjarin

Rifugio degli animali. 
L’oca vuole beccarmi.
I cani, i gatti, i cavalli.
Curiosa notte mi attende.

Siamo in altura, dopo una giornata calda e soleggiata. Questo rifugio di Manjarin è molto conosciuto e particolare, abitato da moderni templari un po’ scontrosi con tanto di tunica e croce sul petto... il che è tutto dire.

Pochi km prima di Manjarin mi sono fermato alla Cruz de Fierro. Il lungo palo che sostiene la piccola croce è nuovo e dritto, una delusione. Due anni fa per ben due volte il vecchio palo di legno nodoso e irregolare è stato tagliato da “male persone”. Doveva essere senz’altro migliore di quello attuale. Il luogo è strano e si sente una lunga storia, però è anche pieno di sporcizia e comunica un senso di abbandono. Sono salito sulla pila di sassi che forma una vera e propria collinetta e mi sono seduto a meditare un po’.


                                    La Cruz de Fierro tanto attesa.


Ecco le mie cinque preghiere di oggi che ho rivolto a Santiago, San Giacomo, protettore del nostro cammino.

Prima preghiera : l’Amore, C., la Casa.
Seconda preghiera : l’Amore, C., un Bambino.
Terza preghiera : l’Amore, J., la Coloquinte.
Quarta preghiera : il Cammino, la Scrittura, il Lavoro.

Quinta preghiera : Coloro che non ci sono più, Susi e Tania; Coloro che ci sono ancora; il Mondo intero, il Cuore.

Proprio nel posto dove stavo seduto ho lasciato la pietra a forma di pesce che ho tenuto in mano durante le prime due preghiere. Nella terza, quarta e quinta preghiera avevo in mano la coloquinte (la zucca). Alla fine ho tenuto in mano il cuore di pietra.

“C. ti amo”.

Il cuore di pietra è ora più liscio e morbido. Sta cambiando molto in questi giorni, soprattutto da quando lo tengo con me la notte. Prima di coricarmi lo prendo nello zaino. Il più delle volte è freddo, gelato. Allora lo tengo fra le mani, respiro profondamente e faccio passare yuki. Lui si riscalda piuttosto velocemente e poi rimane caldo tutta la notte, che io lo tocchi o meno. Ogni tanto mi sveglio e lo cerco. Lo poso sul mio ventre che va su e giù con il respiro.



                Cuore, zucca e pesce... Ecco i miei oggetti sacri!


9 novembre


Hospital de Villafranca del Bierzo

Adesso vinciamo le resistenze e le pigrizie serali e scriviamo qualcosa, non so cosa, ma qualcosa... Sono arrivato presto in questo accogliente albergue e ho tempo per scrivere. Intanto una cordiale donna silenziosa mi prepara una cena tutta per me.

Sto vivendo qualche giorno di depressione dopo tanti momenti di entusiasmo. È un calo naturale, accompagnato da una certa fatica, che comincia a farsi sentire dopo più o meno 900 km di cammino ininterrotto. Comunque quando la testa non va, quando esita e dispera, allora mando avanti i piedi, uno dopo l’altro. Chiedo loro di aprire la strada verso una realtà bella e piena. Avverto la solitudine, non tanto quella che vivo qui, quanto quella che troverò laggiù, nei luoghi dove sono solito abitare. Cominciano a richiamarmi. Non voglio allontanarmi troppo e comincio a pensare al ritorno. Prego affinché il cammino possa continuare anche allora, qualunque forma esso prenda.


                Il grande cane pastore guarda il sole che tramonta...


La notte trascorsa a Manjarin è stata in effetti molto particolare. Niente riscaldamento, niente luce elettrica (o quasi), niente bagni, niente acqua. Dopo una vera minestra all’antica dai sapori forti, una sbobba che ti chiedi che cosa ci sia dentro ma la mangi senza troppe domande, dormo in una specie di soffitta legnosa piena di pulci e animaletti.

Mi gratto tutta la notte e la mattina dopo so cosa significa desiderare una doccia. Chi abita in quei luoghi medievali si sente un templare, si veste pure in quel modo e come i templari vuole condurre una vita “in povertà”. Peccato che ho l’impressione che associno troppo la povertà con la mancanza assoluta di pulizia. Negli uomini prevale una certa rudezza e durezza, nell’unica donna presente una dolcezza non priva di tristezza e spirito solitario. Sono però gli animali a rendere Manjarin un luogo simpatico. Sono loro i veri abitanti del luogo, loro i veri guardiani dello spirito e della “regola”. Scorazzano ovunque, dentro e fuori a loro piacimento. Un’oca straordinaria e molto socievole fa sentire la sua presenza. Guarda il sole che tramonta con una straordinaria concentrazione e un’estrema serietà. Immobile, sembra assorta in meditazione e ha lo sguardo acuto che vede lontano di un maestro zen.



                  L’oca zen dallo sguardo imperturbabile.


Prima di concentrarsi sul tramonto mi viene incontro e tra le gambe. A beccate, da cui fuggo lesto, cerca di far conoscenza. Poi ci sono anche i cavalli, quasi selvatici, che nitriscono al vento, quattro o cinque cani che gironzolano dappertutto e molti gatti che sono più discreti. Gli animali fanno scorrere quella vita che sembra ristagnare un poco negli uomini. È forse il freddo che ammutolisce gli animi? Che bello uscire di notte in queste lande solitarie e selvatiche. E pisciare all’aperto accarezzati dall’aria pulita. Il cielo è immenso e tutto un pullulare di stelle invernali. Stelle che non sono abituato a vedere in queste configurazioni. La natura è forte in questi luoghi!

La mattina, lascio di buon ora il “castello dei templari” e cammino nel silenzio delle montagne accompagnato dal sole che sorge. Vedo da lontano animali bruni che lanciano gridi stranissimi. Sono cervi? Un asino solitario mi sbarra la strada e non ha nessuna intenzione di lasciarmi passare. Poco prima di Ponferrada, stormi di storni mi danzano vorticosamente attorno e mi affascinano con le loro acrobazie multiformi.



                  Asino bianco che mi sbarri il cammino, ti chiedo di lasciarmi passare...


L’albergue municipal di Ponferrada come tutti quelli delle grandi città (Puente de la Reina, Burgos, Leon...) è freddo è poco ospitale. In luoghi come quello avverto subito un senso di compressione e ho immediata voglia di uscire. Sono ben riscaldati ma non ho voglia di fermarmi a scrivere. Mi chiedo anche cosa sto facendo lì e perché non torno a casa. Quanto sono diversi dagli Hospital dos peregrinos dove ti senti davvero accolto, compreso e sostenuto!

Ho un grande desiderio che cresce in me giorno dopo giorno ed è quello di vedere l’Oceano di Fisterra. Finis Terrae, la fine del mondo... Farò un piccolo falò e brucerò l’incenso che ho portato con me.

Sono così contento che Stephanie abbia visto la croce ortodossa di pietre e il messaggio che ho lasciato per lei lungo il cammino! In una email mi scrive che aveva quasi deciso di piantarla lì con il cammino e di ritornare in Olanda. È allora che ha visto i segni di incoraggiamento lasciati per lei e questo le ha fatto cambiare idea. Forse è qualcosa di poco conto, forse no: comunque non ha rinunciato e sono felice di averla aiutata in qualche modo!

Domani la lunga salita verso il Monte Cebreiro e poi mi ritroverò in Galizia, la Bretagna spagnola. Non ho nessun timore della salita, le mie gambe la divoreranno! Molti pagano un servizio offerto dagli hospitaleros di Villafranca per farsi portare su in cima la zaino e salire leggeri. Io non ci penso nemmeno. Sette tappe e poi Santiago...

Ho cosparso il mio cuore di pietra con dell’olio di mandorle dolci! 
Ora solo yuki emani calde per farlo vivere e pulsare!

Dove sono tutti i miei compagni di cammino?
Come stanno?
Mi piacerebbe incontrarli tutti, alla fine, e parlare con loro...
Ci siamo, mi sta assalendo una grande nostalgia.

Se arrivo a Santiago il 16 o il 17 di novembre forse potrò rincontrare François e Geneviève!



           Juan El Loco si fa un autoritratto...


Ancora il diavolo svizzero! Ma come fa a finirmi sempre tra i piedi? Faccio una sosta ad un bar e lui è lì, entro in un ristorante ed eccolo arrivare, faccio una passeggiata notturna e sento la sua risata. Se non ci fosse, però, forse mi mancherebbe.

Stanotte, dopo tanto tempo, ho sognato Tania sorridente e bella. Lei è la mia vera guida in questo cammino e quando il sogno è riemerso all’improvviso alla mia coscienza, proprio mentre stavo camminando e molti pensieri bui mi riempivano la mente, qualcosa si è rischiarato e ho provato una forte emozione.

Che Tristezza questa sera...
Il desiderio di abbracciare C. e di sentire il calore del suo corpo è così forte... 
Mi attenderà?


                            Esther ed io attraversiamo un ponte.


10 novembre


Questa mattina, a Villafranca, incontro Jesus Jato, un vero hospitalero.

Il volto segnato dal tempo e forse da una malattia, ma quanta umanità nelle sue poche parole accoglienti! Mentre mi preparava da mangiare ieri sera, la moglie preoccupata attendeva il suo ritorno dall’ospedale. Era lì per fare degli esami? Mi è rimasto impresso l’abbraccio fortissimo che si sono dati quando è arrivato. Amore e tristezza.

Come previsto, salgo sul Cebreiro a balzi. Nessuna fatica nelle mie gambe. Un’allegra telefonata a C. mi carica il morale! È bello sentirla vicina.

Sulla montagna mucche, tempesta e neve.

Poi, rifugiato in un caldo bar, mentre fuori il vento fa sbattere finestre e infissi, faccio nuove amicizie e partecipo a discorsi vivaci.


13 novembre


E dire che non ho l’energia per scrivere di Samos, di Portomarin, della Galizia verdissima e della sua gente chiusa. Ma che importa, se non le parole mi rimarranno le sensazioni... Tutti mi dicono che sono così fortunato! Una settimana senza pioggia come questa, in Galizia non la si vedeva da anni!



                          Alberi


                          e sentieri della Galizia



14 novembre




        Il Monte della Gioia


15 novembre



           Santiago! Sì, ce l’ho fatta...


Sono a Santiago! 
Pomeriggio di emozione
indescrivibile
dopo tanto cammino

Piango
nella piccola Iglesia
di S. Maria l’Antigua de la Corticela
dove ritrovo nel portale romanico
la Virgen con el niño
con cui Tania mi ha indicato il cammino da percorrere.


16 novembre


Vorrei scrivere quanto non ho scritto in questi ultimi giorni e le molte cose che ho da dire. Spero di riuscire a farlo almeno prossimamente.
Una volta entrato in Galizia è esistito solo il cammino.
Né chiese né paesaggi né persone hanno davvero catturato la mia attenzione.
Non perché non fosse bello o pieno di interesse quello che vedevo o incontravo,
anzi...
Alberi secolari, distese verdi e campagne ricche mi circondavano.
Un sole splendente e continuo, rarità assoluta per la Galizia, ha reso allegri e sereni
questi ultimi giorni ma dentro di me ormai parlavano solo i piedi e gli infiniti passi. Seguivo Esther, l’olandese volante con cui sono arrivato a Santiago.
Davanti a me c’erano solo le lunghe gambe di questo angelo dai capelli rossi che
dentro al suo corpo magro porta tanta energia e umanità.



                      Esther, l'olandese volante


Penultima tappa 40 km...
Ultima tappa 48 km!!!

Impossibile, una pazzia, eppure è andata così. 
Un crescendo e uno sforzo intenso e prolungato
che hanno strapazzato la logica e il buon senso
ma che mi hanno preparato davvero
a ricevere Santiago, a esserne ricevuto, con una sensibilità aperta, spalancata.

Durante i momenti infiniti e interminabili di cammino,
mentre avanzavo ad occhi chiusi,
il canto sorgeva in me ed anche una vera preghiera.
Erano parole cantate, una musica sacra.

Sento vivere Dio nella musica.
Ritrovo me stesso nelle armonie di suoni,
nella vibrazione sonora che unisce tutti gli esseri viventi,
che ne rende evidente la relazione insecabile e unitaria.

Nella messa solenne di ieri nella cattedrale di Santiago,
messa di mezzogiorno dedicata ai pellegrini,
ero seduto a fianco della non credente Esther. 
Vivevamo insieme le nostre forti emozioni,
ma ognuno per suo conto, con pudore.
In lei sento ribellione e amore.

Una suora, accompagnata dall’organo,
cantava un canto struggente ed emozionante.
In lei vibravano cose così diverse: austerità, candore, sensualità e rigore.

Nel frattempo gli immensi botafumeiros lasciavano scie d’incenso in tutta la chiesa,
manovrati da otto uomini forti. 
Un vero spettacolo spagnolo e barocco, con un crescendo musicale ed emozionale
davvero sorprendente.



               Botafumeiros nella cattedrale di Santiago


Mi fermerò fino alla prossima messa prima di ripartire per Finisterre.

Voglio ancora sentire questa splendida voce suadente e rivedere gli amici pellegrini che arriveranno in queste ore. Oggi ho ritrovato Andrea, Alessandro, Jennifer, Eric, Carolina, Sonia, Philippe... Con quanta tenerezza e amore ci siamo abbracciati e stretti uno con l’altro! Siamo qui, tutti insieme, uniti per sempre...

Ieri, seguendo tanti altri, sono salito sulla scaletta di legno della Cattedrale che porta dietro all’altare. È così che sono passato proprio dietro alla grande statua di Santiago, apostolo dorato con i suoi occhi lucenti. Tradizione vuole che lo si abbracci da dietro e anch’io l’ho fatto con leggerezza ed emozione, ringraziandolo dal fondo del cuore per avermi guidato fin qui. L’ho toccato con la mano destra e in quel momento respiro e yuki scorrevano intensamente. Poi, sentendo il pianto salire agli occhi, sono sceso velocemente per visitare la sua tomba.

Anche nel Portico della Gloria, all’ingresso della Cattedrale, ho fatto come tutti, toccando con le mani e con la testa quelle figure di pietra che hanno visto passare tanti uomini e donne. L’ho fatto semplicemente e sinceramente, senza credulità o bigottismo. Anch’io piccolo uomo tra gli altri ma oggi con un cuore che sento più aperto e comunque ancora vivo. Grazie ancora!

Ancora due parole sul pomeriggio di ieri e sull’emozione che mi ha investito.

Sono entrato in un negozio di dischi per cercare Chove en Santiago, la bella canzone di Luar Na Lubre che avevo potuto ascoltare nell’albergue di Arres. Gli hospitaleros avevano spento le luci dopo la cena e ci avevano chiesto di ascoltarla con attenzione...

La commessa del negozio ha voluto farmi sentire la stessa canzone e a stento sono riuscito a pagare e ad uscire senza che il pianto mi cogliesse. Fuori però è giunto irrefrenabile e come un fiume. Sollievo? Tristezza? Molto di entrambe. Pensavo semplicemente al cammino che mi aveva portato fin qui, a tutti questi giorni, questi passi... A tutta la fatica e allo sforzo ma anche alle persone incontrate e alle scoperte... A tutto ciò che i miei occhi hanno visto. E le lacrime uscivano e scorrevano mentre il plesso solare contento si liberava man mano dalle fatiche accumulate.


            Le infinite spiagge che portano a Finisterre


18 novembre


In tre tappe sono volato da Santiago alla punta sull’oceano dopo di cui c’è solo il niente.
Finisterre, attorniata dalle sue infinite spiagge e dai gabbiani che gridano nel vento. 
Che dire? Tre giorni bellissimi, distesi, ridenti.
Per me e per tutti gli altri che condividevano la stessa sensazione: missione compiuta! Santiago è alle spalle ormai, finita quella particolare tensione che tutti ci aveva spinto. 
Ora solo una gran distensione senza più nessuna preoccupazione di arrivare: siamo già
arrivati!
80 km alla fine di un lungo cammino non sono veramente nulla, i piedi li bruciano in
un amen, gli occhi si riposano guardando paesaggi solitari ma aperti, insomma tutto è pervaso da una luce tranquilla.


Ho conosciuto diverse persone interessanti in questi giorni.
Racconto un episodio interessante accaduto a una di loro, Florence.
Florence è una donna gioviale e rotonda, l’opposto di una sportiva...
Cammina da due mesi, è partita dal centro della Francia e all’inizio non sapeva
nemmeno se sarebbe riuscita a percorrere 100 km. Ne ha fatti 2000!
Ieri eravamo insieme in un bosco. La sentivo ansimare un po’, qualche metro dietro di me, nella piccola salita che stavamo affrontando.
All’improvviso getta un grido!
“Ahii”!!!
Il suo racconto di quello che le è accaduto è sorprendente, anche se appare quasi
“normale” nell’atmosfera un po’ magica del cammino...
Stava pregando allegramente la Vergine Maria, felice per essere giunta fino in fondo in
quella che per lei è stata una vera e propria impresa. Guardava in alto e non si è accorta di una grande radice che attraversava il suo cammino. Inciampandoci si è quasi sentita svenire dal dolore per il forte strappo preso al piede destro. E poi il miracolo che l’ha fatta piangere di gioia: per due mesi aveva sopportato un dolore fortissimo sotto alla pianta del piede che, in più occasioni, l’aveva quasi fatta desistere dal continuare. Aveva tenuto botta perché ha una gran forza di volontà. E ora, questo doloroso strappo, completamente involontario, che misteriosamente le ha fatto sparire del tutto il dolore. Ho assistito alla vicenda e condiviso la sua gioia. Posso anche garantire della sua sincerità e dell’incredulità che in lei si manifestava.

“Aiutati che Dio t’aiuta”: un bel proverbio che mi pare perfettamente adatto al Cammino di Santiago.

Nel pomeriggio sono solo e da solo arrivo alle bianche spiagge deserte.
Non c’è nessuno qui, solo l’oceano, la sabbia, i gabbiani ed io.
Tolgo le scarpe e cammino con i piedi nell’acqua fresca del mare per tanto tempo. Che piacere sentirmi a piedi nudi ma sempre in cammino.
Provo un senso profondo di libertà, di leggerezza e di infanzia che ritorna.
Il paesaggio è incantevole e le onde tranquille mi accarezzano la pelle.


                           Fuoco che purifica e brucia incensi e fatiche


Sono a Finisterre
fine del Cammino
seduto su uno scoglio
di fronte all’Oceano che mi circonda. Acqua infinita
da tutte le parti.
Ho preparato la legna secca
tra le pietre
pronta ad ardere
non appena l’accenderò.
Non brucerò vestiti vecchi
come chiede la tradizione
ma incenso d’Eritrea,
incenso di J.
Suono di onde
e di barche lontane.
Laggiù
il mare silenzioso
e immenso.


19 novembre




Geneviève e François
Kostas, Peter e Corista
Lourdes, Emmanuel e Antonio
Raquel, Esti e G.
Stéphanie, Andrea, Silvia, Jésus, Sergio
Eric, Dominic e Catherine, Pierre
Maxime e Catherine, Sylvia, Elizabeth,
Marie-Jo, Ana, Sonia e Casimiro,
Angel, Martin, Maurice, Erika,
Philippe, Jean-Pierre
Ben, Padre Alvaro Ignacio, Aniano
Andrea, Alessandro, Michel, José Lluis,
Killian e Daniel,
Silke, Antonio, Roberto
Rebecca Maddalena e Ramo
Tacio, Jennifer, Lluis
Fabian, Véronique, Pili, Paco, Jésus Jato e sua moglie, 
Oscar, Carolina, Juan, Justin, Sergio
Esther, Jorge
Pedro, Alberto e Luisa, Mateo
Robert, Florence, Beatriz, Chiara

e... il diavolo svizzero



22 novembre


Cercavo un’icona 
un’immagine che mi parlasse
mi destasse l’anima
due occhi di luce

Ho incontrato
due occhi d’amore,
una faccia scavata,
una schiena un po’ curva.

Lo sguardo incredulo
che si fissa nel mio e nel silenzio
sembra dirmi “È successo, è vero... 
e tu mi capisci...”

Eccome se ti capisco, 
ti vedo, ora.
Ti vedo
e piango.

Lacrime di gioia
inondano il mio viso,
in esse si riflette
tutta la mia emozione.

Le nostre mani si stringono forte,
Philippe,
non possono lasciarsi,
non si può sfuggire all’amore.

“Volevo scusarmi con te...”
“Anch’io...”.
Le nostre voci lontane
parlano di inutili giustificazioni...

“Lo so, lo so...
ma che importa?”
Gli uomini parlano, laggiù
mentre i cuori si accarezzano.

“Mi è successo qualcosa di travolgente, ieri...
mi sono accorto
che per quarant’anni...
ho preso una falsa strada”.

“Lo so, lo so”
le mie guance sono tutte bagnate...
ti ascolto
e vedo dove vuoi arrivare.

“Per tutti questi anni
ho confuso la chiesa con Gesù...” 
Mi fissi
e mi penetri tutto.

Io so che tu l’hai incontrato
e lo incontro anch’io in te, ora.
Inutile chiederti di più
anche se brucio dal desiderio.

Le nostre barbe ispide si incontrano
in un abbraccio fatto di baci.
Per un attimo vedo le tue labbra
e sento le mie che le sfiorano
                                            [dolcemente attratte]

Contorni indistinti
nella tenue luce della cattedrale.
Lineamenti senza contrasto che si confondono
nell’umidità degli occhi.

Siamo insieme, uomini semplici che si amano. 
Yeshua ci guarda.
“Bonne route, Philippe”.
“Toi aussi...”


Incontro con Philippe 
nella cattedrale di Santiago 
(messa per i pellegrini del 19/11/2004)

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