Un
sogno
Un
sogno simbolo
Di
quelli che ogni tanto affiorano
Ti
fanno visita
Non
in momenti qualsiasi
Cammino
Un
castello forse
Costruzioni
in muratura
Penombra
ma non buio
Forse
una gabbia o una grande voliera?
Libero
un maschio di un grande rapace
Dalle
dimensioni direi un’aquila
Penne
brune, marroni, grandi ali
Le
sento sbattere queste ali
La
loro presenza è molto forte
E
anche gli artigli fortissimi che si avvinghiano alla mia schiena
Nella
parte bassa della schiena
L’uccello
mi si aggrappa dietro
Si
stringe a me
Non
lo posso vedere
E’
stanco, forse ferito
Ma
la sua presa è ferma
Non
posso liberarmene
Non
lo desidero nemmeno
Temo
solo che gli artigli mi penetrino nella carne
Allora
cammino per i campi
Campi
di erba alta
Verde
lucente
Alberi
e vigne
Terre
ondulate
Paesaggi
aperti
Sole
ridente nel cielo terso e azzurro
Cammino
cammino e lei arriva
Lei
la femmina del maschio
Lei
la madre del figlio che lui le ha già dato
Ma
che deve ancora nascere
C’è
un uovo da qualche parte
Che
deve schiudersi
Arriva
Lei
Potente
e bianca
Bianchissima
Si
avvinghia alla schiena
Incollata
a me e al maschio
Sento
anche il suo becco acuminato
Vedo
il suo occhio acuto
C’è
calore femminile, materno
E
una forza che non posso combattere
Una
decisione selvaggia
Una
risolutezza terribile
Prova
gratitudine per me
Ho
liberato il padre di suo figlio
Forse
gli permetto di sopravvivere
Di
ristabilirsi
Me
l’esprime
Mi
parla senza parole nel silenzio
Vedo
il suo volto
interiormente
Il
suo sguardo
Sento
la sua presenza
In
un atmosfera intima, uterina, liquida
Ma
la natura intorno non è silenziosa
E’
viva
Come
vivissima è l’aquila femmina
Sento
quattro ali che sbattono dietro di me
Sono
altro da me
Dal
mio corpo
Ma
ne sono allo stesso tempo strettamente unite
Sento
il becco e gli artigli come punte nella mia carne
Metto
la mano tra il becco e la mia schiena
La
tengo lì per proteggermi
E’
perforata dalle punte ma non fa male
Poi
mentre cammino in uno strano passaggio
Tra
le viti direi
Ma
ampio e verdissimo
Coperto
ai lati e sopra da piante
Per
nulla opprimente
Luminoso
e un po’ magico
Un
albero in fondo a destra
Per
terra strane semenze lunghe e marroni
Cado
Il
peso dietro mi trascina giù
All’indietro
sulla schiena
Potrei
anche non riuscire a rialzarmi lo sento
Allora
le aquile mi uccideranno lo so
Desidero
rimettermi in piedi
Ma
che fatica
Non
ho molte forze
A
stento ce la faccio
Mi
tiro su sui piedi
Sollevando
tutto il grande carico di aquile
E
ricomincio a camminare
Incontro
delle persone
Un
po’ distanti
Penso
che dovrebbe far loro strano
Vedere
uno che cammina con delle aquile
Appese
alla schiena
Invece
sembrano indifferenti
Poi
faccio qualcosa
Non
so più cosa
E
gli uccelli spariscono
E
mi sveglio
Milano, al risveglio, 12 novembre 2005
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