venerdì 17 gennaio 2014

Dietro la forma (1)


 


Talvolta, per non dire spesso, prevale una forma esteriore priva di contenuto.
Brilla di luce transitoria, se mai di luce si possa parlare.
La forma, l’esecuzione della forma, abbaglia solo gli occhi più inesperti, quelli meno maturi.
Gli occhi che ancora non hanno cercato molto, che si fermano alla superficie.
Sembrano accontentarsi di questo, quegli occhi, guardano e non vedono.
La forma li seduce e nutre anche il loro spirito facilmente saziabile.
Vedere non è una scelta. Vedere avviene ed è il frutto di un orientamento interiore duraturo, è una conseguenza. Non si impara a vedere, nessuno può insegnarcelo.
Quando un bel giorno vedi, ti appare chiara la forma e ti è chiaro il contenuto che ne sta dentro.
Se essi non corrispondono, se lo scarto è stridente, non ci può essere bellezza né armonia.
Ti accorgi allora quanto brutto e falso possa diventare il mondo e cominci a lottare perché possa incarnarsi, in te e negli altri, una bellezza più autentica, più sincera, più profonda.
L’unica bellezza possibile.
L’apparenza formale ti viene a nausea, basta la sua mancanza di verità per suscitare il tuo disprezzo. Ti disgusta l’ignoranza che l’impone, la sdogana e la propaga nel nostro ambiente.
Mi interessa e attira la vita. Lascio i canoni estetici a chi sa già tutto, a chi crede di essere detentore di qualcosa, a chi vende una forma e la spaccia per verità.
Io non so nulla.
Ma intuisco che anche a loro - ai più sicuri, ai maestri, a quelli che credono di sapere – sfuggirà questa forma. Svaniranno tutte le forme senza eccezione: è solo una questione di tempo e neanche di molto.
Quel giorno la forma, qualunque forma, non ci sarà più.
Un corpo giovane diverrà stanco e lento e un albero non darà più i suoi frutti.
Se ci attacchiamo ad essa siamo destinati a soffrire, l’ha detto il Buddha e non solo lui…
Non ci sono alternative né vie di fuga possibili.
Una nuova coscienza comincia quando si vede la forma esteriore senza lasciarsi abbagliare.
Quando prende corpo il mondo dell’invisibile.
Quante volte sono stato preda di miraggi? Quante volte ho sbattuto contro questo muro più duro del cemento? Il muro dell’illusione, il muro dell’ignoranza, il muro dell’egoismo.
Scontrandomi, l’ho colpito pesantemente e lui mi ha colpito.
Una lotta infinita nella quale non si può che soccombere.
Tanta esperienza, tanta sofferenza, perché accumularla invano?
Fortunatamente, poco alla volta, una piccola luce si fa strada nella mia persona.
È la luce della verità che ho dentro: essa è in me come in tutti.
Pian piano, pétit à petit, little by little, soro soro, doni doni, ndank ndank, siga siga...
Si svela perché verso di essa mi oriento. Vado alla sua ricerca ogni giorno, seguendo cammini differenti ma con la stessa perseveranza radicale.
È stato così da sempre fino ad oggi e spero di poter continuare anche nei giorni a venire.
Dietro la forma, prima della forma, c’è qualcosa.
Questo qualcosa è la vita e la vita si manifesta sotto forma di ki, di soffio vitale.
La vita, il ki, non hanno forma ma continuano, incessantemente, ad assumerne: una, mille, milioni di forme. Come i vorticosi stormi di storni che volteggiando ci lasciano a bocca aperta.
Le stagioni si susseguono all’infinito. Chi ha una coscienza matura le sente e le apprezza.
Una coscienza che palpita.
Esaltare una forma è soltanto ridicolo, fluire con le forme può essere esaltante.
L’Aikido, il Katsugen undo, l’Espressione nel Gioco del Dipingere, Yuki, il Zazen, il Sabar, il Taiji quan, il Djembé, la Salsa e il Son cubano, i giardini... non hanno una sola forma. Ne assumono infinite ad ogni istante. Questo mi rende queste pratiche così care.
Sono strumenti vivi per me, che mi portano in quell’area sacra in cui la vita e spontaneità diventano sinonimi. Tutto quello che scaturisce da lì, che fluisce, che muta e si rigenera, mi dice una sola cosa: “Sei vivo e sei libero”. Questi strumenti mi aiutano ogni giorno e mi accompagnano da anni. Per questo li ho fatti miei e oggi li propongo, in una forma o nell’altra. Per il piacere di vivere pienamente l’immenso gioco dell’esistenza.
Domani, se volete, ve ne parlo ancora. Mi piace molto farlo.


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